ARCHEOBLOG

Giornale archeologico e culturale costantemente aggiornato con le ultime notizie e gli ultimi approfondimenti storico-archeologici



29 dicembre 2006

Mendrisio (Svizzera, Canton Ticino): "Le più belle statue dell'antichità. Il culto dell'antico e le copie della Skulpturhalle di Basilea"

fino al 21 gennaio 2007

A Mendrisio, nel Canton Ticino (Svizzera), nel locale Museo d'Arte, vi è la mostra sull'importanza delle gipsoteche, le raccolte di riproduzioni in gesso delle sculture classiche. Questa mostra, organizzata in collaborazione con la Skulpturhalle di Basilea cui la gipsoteca appartiene, si propone esiti conoscitivi per il grande pubblico ed esiti didattici per gli studenti. Le copie in gesso delle statue antiche non sono solo riproduzioni molto aderenti al vero ma anche modelli ed ipotesi di ricostruzione per le statue frammentarie, specie per quelle di cui esistono diverse copie antiche o frammenti smembrati in diversi musei.

Informazioni

Mendrisio, Canton Ticino
Museo d'Arte
fino al 21 gennaio 2007
Orario: martedì-domenica (10.00-12.00 e 14.00-17.00) - lunedì chiuso
Telefono: 0041 91 6467649
Internet: www.mendrisio.ch

Fonte: "Archeo" - dicembre 2006

24 dicembre 2006

Fano (Pu). "Res Sacrae"

fino al 21 gennaio 2007

Giovedi' 21 dicembre al Museo Civico, alle 17.30, vi è stata la presentazione della mostra organizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici per le Marche, “Res Sacrae", raccolta di marmi e culti pagani d’epoca romana imperiale ritrovati nell’Episcopio di Fano tra il 1946 e il 1948.
Tra questi reperti la statua acefala della Dea Fortuna, divinita' che da cui deriva il nome di Fano, Fanum Fortunae, che non e' mai stata esposta al Museo Civico fanese e che ci restera' permanentemente come ha assicurato la Soprintendenza ai Beni Archeologici delle Marche nella persona del sovrintendente Giuliano De Marinis pochi giorni fa in occasione dell’arrivo al Museo Civico della statua in questione da Ancona.

Grande la soddisfazione dell’assessore alla Cultura Davide Rossi: “Durante tutti questi anni piu' volte la citta' aveva richiesta la Fortuna e le altre opere senza alcun successo. Ora finalmente sono state concesse grazie ad un rapporto sinergico tra la Sovrintendenza e il Comune attraverso la mediazione di questo Assessorato."
Le opere sono state riportate alla luce tra il 1946 ed il 1948, durante i lavori di ricostruzione del fianco nord-est del palazzo vescovile semidistrutto sotto il crollo della torre campanaria del Duomo. Nel 1948 i reperti furono trasportati presso la sede di Ancona della Soprintendenza Archeologica. Si tratta di un interessante gruppo di opere, in gran parte di carattere sacrale, che ha consentito di acquisire utili informazioni sui culti praticati nell’antica Fanum Fortunae. Trattandosi di rinvenimenti fortuiti e spesso in giaciture secondarie, di reimpiego, non e' possibile stabilire un nesso logico certo tra le antiche strutture attestate e le sculture suddette. E' stata cosi' avanzata l’ipotesi che possa trattarsi di un gruppo di sculture sistemate organicamente in un una sorta di pantheon domestico.

Quindi dopo sessant’anni questi sette reperti (sei, esclusa la Fortuna) in prestito temporaneo (ma senza definita data di restituzione) verranno esposti per la prima volta al Palazzo Malatestiano in attesa dell’allargamento del Museo al Palazzo De Cuppis.
Due i pezzi di maggiore importanza. Oltre alla Statua acefala della dea Fortuna (prima eta' imperiale), la Testa di Ercole con copricapo leonino, di eta' antonina (seconda meta' del II secolo d.C.). Le altre cinque opere oggetto del prestito sono un Torso di statua virile seduta (meta' II secolo d.C.), una Basetta votiva con tre divinita' stanti (prima eta' imperiale), la Statua di Diana cacciatrice, anch’essa di eta' antonina, un Frammento di bassorilievo mithraico (III secolo d.C.) e un’Ara marmorea (seconda meta' del II secolo d.C. - inizi III d.C.). Le sculture provengono tutte dal territorio fanese, precisamente dall’area dell’Episcopio (tra il palazzo Vescovile e la Cattedrale), anticamente adiacente al decumano massimo e alla Porta di Augusto e pertanto zona di un certo rilievo, segnalata piu' volte (gia' a partire dal XVII secolo) per la presenza di antichi edifici e rinvenimenti statuari.

Info:
Museo Civico - piazza XX Settembre - Fano
tel. 0721 839098, 0721 828362

Fonte: "Undo.net" - Autore: Andreina Bruno

22 dicembre 2006

Fossacesia (Ch). Scoperte cinque tombe italiche ed una medievale

Una scoperta archeologica davvero sensazionale farà scrivere un nuovo capitolo sulla storia della secolare abbazia di San Giovanni in Venere. Sì, perché proprio vicino all antico cenobio benedettino, nella giornata di ieri, i tecnici della soprintendenza, guidati dal direttore dello scavo, l'archeologo Andrea Staffa, hanno individuato ben cinque sepolture di epoca italica, risalenti al V secolo avanti Cristo, e una tomba medievale del VII secolo.
«E' la prima volta - ha spiegato il dott. Staffa - che ci troviamo di fronte ad una necropoli italica vicino all'abbazia di San Giovanni in Venere. Al momento abbiamo esplorato in particolare una delle tombe individuate proprio all'ingresso del piazzale del monastero. Lo scheletro rinvenuto, della lunghezza di un metro e 75 centimetri, è molto probabilmente di un individuo femminile, a giudicare dai resti in materiale bronzeo che facevano parte di uno specchio».
Ma nel corredo della sepoltura è stato trovato anche altro materiale interessante, che sarà in seguito esaminato dagli esperti. Tra questo una coppa in ceramica ad impasto, due piatti in vernice nera e una brocchetta in ceramica depurata.
Poco più distante dal sepolcreto di epoca italica, proprio sotto le absidi del monastero, è venuta invece alla luce una sepoltura relativamente più recente, risalente al periodo medievale (V secolo d.C.) Nella tomba, al contrario di quella italica, non è stato rinvenuto nessun corredo funerario.
«In questo caso - ha aggiunto Staffa - è difficile stabilire il sesso dell'individuo. Tuttavia il ritrovamento va sicuramente ricollegato ad altri precedenti simili scoperte avvenute qualche anno fa sempre lungo il perimetro dell'abbazia. In quel periodo furono rinvenute oltre dieci sepolture del periodo medievale e tardoantico con modesti corredi funerari».
Nei prossimi giorni si procederà all'esplorazione delle altre sepolture, con la speranza di scoprire nuovi e interessanti reperti archeologici.

Fonte: "Il Tempo" - 14/12/2006

Pagina di approfondimento storico-archeologico dell'Abruzzo

19 dicembre 2006

Roma. Museo Barracco, è stato riaperto al pubblico

Dal 16 dicembre 2006 sono tornate visitabili le sale che ospitano una delle più belle raccolte museali romane, formata da 380 sculture donate dal barone Giovanni Barracco al Comune di Roma.
Capolavori egizi, assiri, ciprioti, fenici, etruschi, greci e romani, ospitati dal Museo Barracco, ritornano visibili ad un pubblico più vasto dal 16 dicembre 2006. Questo grazie al completamento degli interventi riguardanti la pulitura e il restauro delle facciate, l’adeguamento alle norme di sicurezza e la realizzazione al piano terra di un’idonea area di accoglienza per pubblico con difficoltà motorie.
Sarà così possibile conoscere la Collezione Barracco grazie ad una postazione informatica che consentirà la visita virtuale al Museo ammirando alcune opere della collezione. Si potrà accedere alla Biblioteca Barracco che raccoglie alcuni capisaldi dell’archeologia ottocentesca e rare edizioni di classici del Seicento e del Settecento, e alla Biblioteca Pollak con la sua collezione di circa 2.500 volumi appartenuti a Ludwig Pollak, archeologo, collezionista e mercante d’arte. Inoltre, il pubblico non vedente potrà “visitare” il museo attraverso una planimetria in Braille ed una guida del Museo in Braille disponibile per consultazione in italiano ed in inglese.

I 380 esemplari che compongono la collezione furono devoluti dal barone Giovanni Barracco al Comune di Roma nel 1904. Il ricco nobile calabrese donò la sua prestigiosa raccolta di sculture antiche dopo aver dedicato la propria vita al reperimento di questi capolavori, acquistandoli sul mercato antiquario o recuperandoli dai grandi scavi archeologici effettuati dal 1870 al 1903 per l’edificazione di Roma Capitale. Le sculture offrono un quadro panoramico sufficientemente esaustivo a tutt’oggi dello sviluppo della scultura antica di tutte le popolazioni che vissero e si svilupparono nel bacino del Mediterraneo.

L’attuale allestimento del Museo Barracco è il risultato del grande intervento di recupero a cui il Museo fu sottoposto nel 1991, quando riaprì dopo il complesso lavoro realizzato dall'architetto Enzo Serrani, dalle archeologhe Maresita Nota, responsabile del Museo e dalla dottoressa Gabriella Cimino, ispettrice del Museo.
L'impianto di illuminazione è studiato per una visione naturale delle opere, mentre l'arredo delle vetrine e delle basi espositive si inseriscono perfettamente negli accoglienti ambienti e si armonizzano con gli infissi delle sale, dal classico gusto cinquecentesco.
Le opere sono esposte in sezioni a seconda dell’appartenenza alle varie civiltà; nell'ambito di ogni sezione è stato rispettato il più possibile un percorso cronologico.

Il percorso offerto è lungo ed affascinante: parte dall’arte egizia, rappresentata dalle più antiche dinastie (3.000 a.C.) fino all’epoca romana; dalla Mesopotamia provengono, invece, le preziose lastre assire, ornamento parietale dei palazzi di Assurbanipal a Ninive e Senacherib a Nirmud del VII e VI sec a.C.; una rarità per i musei italiani è la sezione di arte cipriota, presente nella collezione con alcuni oggetti di preziosa fattura, come il carretto votivo policromo e la testa di Eracle (VII-VI sec. a.C.); l’arte greca vanta numerosi originali con lastre votive e funebri, una serie di opere greche compongono un quadro esaustivo del grande artista Policleto (V sec. a.C.) e della sua scuola; per l’arte romana va segnalata la testa di un fanciullo della famiglia Giulia, documento della raffinata ritrattistica privata della prima epoca imperiale (I sec. d.C.); infine, l’arte provinciale è presente con tre lastre provenienti da Palmira, città carovaniera che visse il suo massimo splendore nel II sec. d.C.
L’articolato percorso storico sull’evoluzione della scultura antica, “madre di tutte le arti”, come scrisse Giovanni Barracco, si chiude con il mosaico policromo dell’Ecclesia Romana, proveniente dalla prima Basilica di San Pietro a Roma, datato al XII sec. d.C.

Prima di essere trasferita nell’attuale sede, la preziosa raccolta di sculture fu ospitata dal 1904 al 1938 presso il Museo di Scultura Antica progettato da Gaetano Koch in Corso Vittorio Emanuele, in un’area di fronte S. Giovanni dei Fiorentini. Per consentire una visione ottimale delle opere, l’edificio fu dotato di ampie vetrate e di basi girevoli per le sculture. Lo stesso Barracco seguì il Museo per circa dieci anni e ne arricchì la collezione con la collaborazione di Ludwig Pollak, il direttore del Museo.
L’edificio fu demolito nel 1938 per esigenze del piano regolatore a causa del completamento di Corso Vittorio. La collezione fu, quindi, trasferita temporaneamente presso l’Osteria dell’Orso e poi nei Magazzini dei Musei Capitolini, dove rimase chiusa ed imballata in casse durante la Seconda Guerra Mondiale fino al 1948, anno in cui fu riallestita nella sede di Corso Vittorio Emanuele II.

La progettazione dell’attuale Museo Barracco, palazzina denominata Farnesina ai Baullari, viene tradizionalmente attribuita ad Antonio da Sangallo grazie ad un disegno conservato presso gli Uffizi a Firenze. Era destinata ad abitazione del prelato bretone Thomas Le Roy, ma in realtà Le Roy non dimorò mai nell’edificio che ben presto i suoi eredi vendettero ad altri. Il Comune di Roma lo acquistò nel 1885 dovendo intervenire nella zona per le esigenze del nuovo piano regolatore.
Sede di numerose istituzioni, solo nel 1948 la palazzina venne utilizzata come spazio espositivo museale quando, con mezzi irrisori nel difficile periodo del dopoguerra, Carlo Pietrangeli ed Antonio Maria Colini, Direttore e Ispettore delle Belle Arti del Comune di Roma, riallestirono la collezione archeologica del barone Barracco.

Info:
Museo Barracco - Corso Vittorio Emanuele II, 166 A - Roma
Orari: da martedì a domenica ore 9.00 - 19.00; la biglietteria mezz’ora prima; lunedì chiuso.
Biglietti: € 3.00 intero; € 1.50 ridotto; gratuito per le categorie previste dalla tariffazione vigente; accesso ai disabili consentito al piano terra;
Audioguida: € 3.50 singola; € 5.00 doppia.
tel. 06 82059127 (tutti i giorni ore 9.00 - 19.30)

http://www.museobarracco.it

16 dicembre 2006

Torino. Palazzo Madama, riapre il Museo d'Arte Antica

La riapertura di Palazzo Madama a Torino, uno degli edifici maggiormente rappresentativi della storia millenaria della città, sede imponente e scenografica del Museo Civico d’Arte Antica, giunge dopo 18 anni di chiusura e un complesso di studi, ricerche e indagini, di restauri e recuperi che ha pochi eguali; che ha visto il coinvolgimento di centinaia di persone e il fondamentale intervento, accanto alla Città di Torino, della Fondazione CRT, unico finanziatore privato e tenace sostenitore dell’operazione.

Dal 16 dicembre, il monumentale scalone dello Juvarra, il percorso archeologico della Corte Medievale, le fastose sale barocche del piano nobile ove erano gli appartamenti delle due Madame reali (Cristina di Francia e Maria Giovanna Battista Savoia di Nemours), o ancora il Salone del Senato – che ospitò i lavori delle Camere all’indomani dell’Unità d’Italia – e le grandi sale del secondo piano, dedicate all’importante collezione di arti decorative del museo, con una vista straordinaria sulla città, saranno nuovamente aperti al pubblico: completamente restaurati e valorizzati sul piano storico-artistico e funzionale e con un nuovo allestimento delle collezioni museali, vaste ed eterogenee, che Palazzo Madama ospita dal 1934.

È in realtà con l’approvazione del “Progetto Palazzo Madama”, nel 1998, che ha preso il via – dopo una fase difficile e confusa – una nuova e positiva stagione di interventi, con l’intento di coniugare il restauro architettonico e la ricostruzione di configurazioni passate alle moderne esigenze museali, in termini di esposizione, fruibilità e servizi, e dunque al contemporaneo ri-allestimento del Museo.

Da allora si sono succeduti il rilievo architettonico dell’edificio, condotto con moderne tecnologie informatiche, e il rilievo archeologico; un’intensa campagna di saggi stratigrafici su superfici decorate e stucchi; lo studio dei manufatti del palazzo e molteplici indagini storiche e d’archivio, che hanno coinvolto oltre 40 collaboratori scientifici e che hanno chiarito, in parte, l’evoluzione costruttiva e d’uso del Palazzo e le funzioni degli ambienti nelle diverse epoche.

Sono stati restaurati le pareti, le volte e gli apparati decorativi del palazzo, in particolare quelli che concorrono a definirne il volto barocco (dagli intonaci alle decorazioni a stucco, dalle boiseries ai manufatti lapidei e vitrei, dalle sovrapporte ai pavimenti, dagli specchi agli affreschi), riportando in luce cromie originarie e decorazioni, talvolta completamente occultate: come nel caso della facciata e dello scalone juvarriani, ove è riemersa la decorazione scenografica voluta dal grande architetto, o come per il recuperato allestimento ottocentesco nei registri superiori delle pareti e nella volta del Salone del Senato.

Contestualmente a tutto ciò, si è proceduto all’adeguamento funzionale degli spazi e ad un restauro complessivo e sistematico delle collezioni in vista del nuovo allestimento, nonché alla loro catalogazioni informatica: 70.000 opere circa – tanto è ricca l’imponente collezione del Museo d’Arte Antica di Torino, con lavori che vanno dal Medioevo al Barocco – e oltre 10.000 immagini digitali.

Complessivamente oltre 150 restauratori si sono alternati negli interventi sul palazzo e ben 71 ditte sono state impegnate nei restauri architettonici e delle collezioni museali.

Collezioni che con la loro eterogeneità – dipinti, sculture, codici miniati, maioliche e porcellane, ori e argenti, arredi e tessuti – testimoniano la ricchezza e la complessità di dieci secoli di produzione artistica italiana ed europea.

Il percorso museale – riallestito in modo da intrecciare un dialogo continuo tra opere e ambiente, razionalizzato, aggiornato nel profilo scientifico, arricchito delle oltre 900 opere acquisite dal 1988 ad oggi, (a testimonianza di una vitalità del museo mai venuta meno), commentato come mai prima da un apparato di oltre 3000 didascalie, 35 schede descrittive, 150 approfondimenti multimediali – si snoda su quattro piani che corrispondono ad altrettante tappe di sviluppo nel tempo.

I primi secoli del medioevo corrispondono alle raccolte sistemate al livello del fossato, nel Lapidario Medievale, con sculture, mosaici e oreficerie (tra cui il prezioso Tesoro di Desena) databili dal tardo-antico al Romanico.

Gli ambienti quattrocenteschi del piano terra ospitano invece un itinerario che va grosso modo dal Gotico al Rinascimento, con pitture, sculture, miniature e oggetti preziosi (come il duecentesco scrigno di Guala Bicchieri), provenienti in larga parte dai territori del Piemonte e databili tra il XIII e il XVI secolo; nella sala circolare della Torre Tesori, una delle torri quattrocentesche del vecchio castello, una selezione di capolavori, tra cui il celebre Ritratto d’uomo di Antonello da Messina, il codice delle Très belles Heures de Notre Dame de Jean de Berry,miniato da Jan Van Eyck, e una serie di oggetti d’arte a cavallo tra Cinque e Seicento provenienti dal “gabinetto delle meraviglie” di Carlo Emanuele.

Al piano nobile del palazzo, è allestita la quadreria moderna, con opere che provengono dalle collezioni sabaude (l’Assunta e al San Gerolamo di Orazio Gentileschi, i paesaggi di Vittorio Amedeo Cignaroli, le opere di Jean Miel e Bartolomeo Guidobono, per esempio) e un’importante selezione di arredi frutto della perizia di artigiani ebanisti piemontesi, italiani e francesi.

All’ultimo piano, infine, le raccolte di arte decorativa, cuore del patrimonio del museo, con maioliche e porcellane, vetri e avori, tessuti e pizzi, oreficerie e metalli e lo straordinario nucleo di vetri dorati, dipinti e graffiti, unico al mondo per quantità e qualità di esemplari, donato al Museo dal marchese Emanuele Tapparella d’Azeglio nel 1890.

Nella riformulazione degli spazi museali è da segnalare la scelta di destinare alle esposizioni temporanee la grande Sala del Senato, cui si accede dopo aver percorso il monumentale scalone, e di rendere accessibili liberamente – quasi parte integrante del percorso pedonale di Piazza Castello – l’avancorpo juvarriano e la grande sala della Corte Medievale, al piano terra, ove lo scavo archeologico e i camminamenti vetrati consentono di rileggere le molte stratificazioni e le diverse fasi costruttive dell’edificio.

Se nell’ordinamento museale si sono seguite le suggestioni storiche presenti nel palazzo, anche l’allestimento ha puntato sull’idea del dialogo tra antico e moderno. Così accanto alla progettazione di nuove strutture idonee a valorizzare al meglio le collezioni, si è scelto invece di conservare nelle Sale delle Arti Decorative le 73 vetrine degli anni Trenta realizzate dalla ditta Fontana Arte di Milano – all’epoca diretta da Giò Ponti – restaurando la struttura lignea e rifunzionalizzando le luci, i grandi vetri curvi, il gioco di specchi dei ripiani e dei fondi.

Infine i servizi di cui il Museo si è dotato, nello spirito di un nuovo rapporto con il suo pubblico: dalla libreria museale specialistica al bookshop; dal Caffè Madama – ospitato nella Camera della Galleria con i dipinti di Cignaroli alle pareti e nella suggestiva cornice della Veranda Nord, progettata da Filippo Juvarra – all’area relax; dalle audioguide anche per ipovedenti all’archivio consultabile, fino ad un ascensore panoramico vetrato, inserito in una delle antiche torri, da cui lanciare uno sguardo sulla città che cambia.

INFORMAZIONI

Museo Civico d'Arte Antica e Palazzo Madama - Piazza Castello, 10122 Torino - Italy - tel. +39 011 4433501;

Orari: Scalone e Corte Medievale ingresso libero da martedì a venerdì, domenica: ore 9-19, sabato: ore 9-20;

Museo Civico d'Arte Antica - da martedì a venerdì, domenica: ore 10-18, sabato: ore 10-20, chiuso il lunedì (la biglietteria chiude un'ora prima); per le scuole: da martedì a venerdì: ore 9-17 (su prenotazione).

Biglietto unico valido tutto il giorno per le collezioni permanenti e per le mostre temporanee: intero euro 7,50, ridotto euro 6,00. Ridotto per gruppi con più di 15 visitatori, previa prenotazione, visitatori di età superiore ai 65 anni, ragazzi di età compresa tra i 10 e i 18 anni (gratuito se meno di 10 anni), studenti universitari, previa esibizione del libretto universitario, che non abbiano compiuto i 25 anni di età, associazioni culturali convenzionate.
Gratuito: amministratori in carica degli enti fondatori; direttori e conservatori dei musei italiani e stranieri; personale di ruoli direttivi del Ministero per i Beni e le Attività Culturali; dipendenti della Fondazione Torino Musei e del Divisione Servizi Culturali della Città di Torino; giornalisti accreditati; guide turistiche regolarmente abilitate all'esercizio della professione; soci di associazioni ed enti riconosciuti dalla Fondazione Torino Musei operanti con funzioni di sostegno e promozione dei musei, nonchè possessori di tessera ICOM, con tessere valide per l'anno in corso; accompagnaori di disabili non autosufficienti; minori di 10 anni; le classi delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, pubbliche o private, previa prenotazione, e gli accompagnatori nelle seguenti proporzioni: per una scuola materna o elementare 1 accompagnatore ogni 10 alunni o frazione di 10, per la scuola media di I e II livello, 1 accompagnatore ogni 15 allievi o frazione di 15; i gruppi di studenti universitari di tutte le facoltà, previa prenotazione, nonchè delle Accademie di Belle Arti e dei conservatori di musica in visita di studio, la gratuità è estesa agli insegnanti accompagnatori; i giovani che prestano il servizio civile; i possessori di Abbonamento Musei/Torino Card e di altri biglietti promozionali proposti dalla città.

Visite in gruppo: prenotazione visite autonome e visite guidate tel. 011.4433501. La prenotazione dà diritto alla riduzione del 20% sul biglietto di ingresso.

Scuole: Attività e laboratori, su prenotazione, da martedì a venerdì 9:00 – 17:00; tel. 011.4433501

Mostre temporanee: Sala del Senato - da martedì a venerdì e domenica ore 10 – 18, sabato ore 10 – 20;
Costo: già incluso nel biglietto di accesso al Museo;

Informazioni mostre in corso e mostre future sul sito: www.palazzomadamatorino.it alla sezione Mostre&Eventi, o al tel. 011.4433501.


09 dicembre 2006

Capena(Rm). Riapre il Museo Civico - Museo della Torre dell'Orologio

Dal 10 dicembre 2006 è riaperto al pubblico il Museo Civico di Capena – Torre dell’Orologio.
Il museo, reso operativo grazie ad una convenzione tra Comune di Capena ed UPTER – Università Popolare di Roma, è interamente dedicato all’archeologia medievale.
Le vetrine contengono reperti provenienti da scavi urbani all’interno del centro storico della città di Capena.
Sorta presso la via Tiberina, a qualche decina di chilometri a nord di Roma e non lontano dall’omonima città di epoca etrusca e romana, portava fino agli inizi del XX secolo il nome di Leprignano, legato ad un probabile nome romano di tenute agricole del territorio.
Nel medioevo Leprignano diventa il principale centro dell’agro capenate, da Riano a Torrita Tiberina.
I materiali archeologici più numerosi presenti nel museo sono relativi a ceramiche che vanno dal IX al XVII secolo, passando attraverso numerosi reperti centro - medievali (maioliche arcaiche del XIII - XIV secolo) e ad altre ceramiche provenienti un po’ da tutta l’Italia (Ferrara al piano terreno, Sicilia al primo piano).
Un aspetto importante è la presenza di materiali longobardi pertinenti ad una sepoltura femminile (pettine in avorio, anello in bronzo, orecchino a cestello, coltellino con agemina in oro). Sono presenti anche speroni di cavaliere e proiettili di macchine da assedio.
Una menzione particolare meritano le monete presenti nel museo: al piano terreno si trova una grossa moneta bizantina, raffigurante l’imperatore Giustiniano, mentre al primo piano, tra le altre, si trova una moneta del XIV secolo, relativa al libero comune di Prato, che testimonia la presenza sul territorio dei mercanti di panno e sete medievali.
Particolare unico del museo, esso è attraversato in senso longitudinale da un orologio a pesi del 1636.
Il Centro Studi Medievali, che ha sede presso il museo stesso, sta lavorando per creare una mostra permanente sulla storia e l’archeologia di Capena, nonché per realizzare il nuovo allestimento dei reperti nelle vetrine.

Fonte: "ArcheoMedia" - 08/12/2006

06 dicembre 2006

Catania. La Sicilia in età arcaica

fino al 7/01/2007

Tra le mostre attualmente in corso spicca, per bellezza dei materiali e per interesse scientifico quella dedicata a "La Sicilia in età arcaica. Dalle apoikiai al 480 a.C.". L'esposizione è visibile a Catania nell'ex Monastero dei Benedettini, in Piazza Dante.
Gli oltre 500 reperti presentati comprendono ceramiche, sculture in marmo, statue in terracotta, elementi architettonici, iscrizioni e monete. In mostra sono presenti i modellini in sughero dei principali templi arcaici. La storia della prima colonizzazione greca della Sicilia è riassunta con l'ausilio di apparati didattici bilingui, alcuni con supporti telematici. Un comitato scientifico internazionale di archeologici specializzati nell'arte siceliota del periodo ha contribuito alla definizione del percorso scientifico. Il catalogo della mostra contiene una ricca documentazione del periodo, presentato in oltre 900 oggetti, tra i quali sono compresi i 500 esposti in mostra.

Informazioni

"La Sicilia in età arcaica. Dalle apoikiai al 480 a.C."
Catania, ex Monastero dei Benedettini, fino al 7/01/2007

Orario: dal lunedì al sabato 9,30-13,00 / 15,30-18,00
domenica 9,30-13,00

Fonte: "Archeo" - novembre 2006

02 dicembre 2006

Roma. Ritrovata la porta dell'antica fortezza romana

Gli scavi del Fosso dell'Incastro restituiscono resti del «Castrum Inui» del II d. C.
A Tor San Lorenzo nell'area degli scavi alla foce del Fosso dell'Incastro è stata portata alla luce dagli archeologi una delle porte principale del Castrum Inui, una fortezza stabile, posta in epoca romana a protezione probabilmente dell'antico porto.
Gli scavi sono in corso da alcuni anni da parte della Soprintendenza dei Beni archeologici del Lazio, diretta da Francesco Di Mario.
«Abbiamo individuato una delle quattro porte del castrum - ha sottolineato Di Mario - quella rivolta verso il mare. Purtroppo lo stato di conservazione della struttura è parziale in quanto possiamo ipotizzare un continuo riutilizzo dei materiali per la realizzazione di altre opere. Comunque questa scoperta non fa altro che confermare l'importanza del Castrum Inui come uno dei ritrovamenti di particolare interesse effettuati sul litorale a sud di Roma negli ultimi anni».
Con le varie scoperte di questi ultimi mesi l'area di Torvajanica e Tor San Lorenzo sta facendo riemergere una parte di storia importante di questi territori.
La Villa dei Flavi a Torvajanica e il Castrum Inui a Tor San Lorenzo sono indubbiamente le testimonianze della ricchezza di un patrimonio storico culturale che per secoli era rimasto nascosto sotto terra.
«Anche se qualcosa è andato perduto - ha concluso Di Mario - come stucchi pregevoli e altre testimonianze deteriorate dai secoli e dalle intemperie possiamo proseguire questo lavoro di scavo, in quanto sarà possibile portare alla luce altre si gnificative testimonianze».

Fonte: "Il Tempo" - 28/11/2006 -