Milano. Dagli scavi in centro sbuca l'antica città romana
Sotto gli Ottovolanti delle Varesine, in una zona da anni abbandonata, i lavori di movimento terra disposti per la riqualificazione urbana del quartiere stanno portando alla luce un ampio sito archeologico.
Il campo di scavo, grande come un isolato urbano, parte da via Vespucci, percorre in parte via Melchiorre Gioia, corre lungo viale della Liberazione per girare in via Galilei. Oggi, chi guarda con occhio attento al di là della nuova palizzata alta quasi due metri che difende i reperti dalla vista, nota spuntare fra le erbacce e sullo sfondo dei grattacieli una lunga serie di archi in parte ancora sotto terra, alcune mura e le tracce, forse, di costruzioni successive.
Datare il materiale è difficile per un profano ma la struttura rivelata dagli scavi ed emersa da secoli di oblio sembra molto ma molto antica. C'è chi azzarda, addirittura che si possa trattare di resti tardo-romani ancora semisepolti dalla terra e dalla polvere e quindi destinati, dopo gli opportuni lavori di recupero, ad apparire molto più alti di come sembrino adesso.
Lo spazio archeologico è di grandissime dimensioni, uno dei maggiori ritrovati a cielo aperto a Milano negli ultimi anni (probabilmente dai tempi degli scavi della metropolitana).
L'insediamento venuto fuori, oltre alla sequenza di archi regolarmente distanziati e costituito da mattoni di terracotta (poi riempiti di laterizi a riprova di un uso diverso e successivo alla costruzione) mostra alcune mura anch'esse di mattoni ma di largo spessore che fanno pensare ad una cinta difensiva, non di natura militare. Ci sono anche un muretto più basso di epoca probabilmente precedente ed una serie archi ciechi.
Analizzando bene le carte d'epoca che mostrano il decumano romano (si estendeva attorno a via Circo, all'Anfiteatro e all'attuale corso Magenta su un'asse che raggiungeva Porta Romana), si viene a scoprire che dal centro, attraverso l'attuale via Manzoni, (dove le vestigia imperiali sono attualmente in mostra) partiva una strada che doveva collegare Milano proprio con le zone esterne attraversando gli attuali Giardini Pubblici di via Manin e salendo verso la pianura. Quindi, più o meno, si troverebbe proprio lungo l'insediamento apparso in questi mesi. E' chiaro, in ogni caso, che solo l'analisi degli addetti ai lavori potrà dirci davanti a cosa ci troviamo, al di là della bellezza di quanto apparso sotto le rovine.
Fonte: "Il Giorno"- Autore: Luisa Ciuni
L'articolo è segnalato anche in ARCHEOMEDIA
Il campo di scavo, grande come un isolato urbano, parte da via Vespucci, percorre in parte via Melchiorre Gioia, corre lungo viale della Liberazione per girare in via Galilei. Oggi, chi guarda con occhio attento al di là della nuova palizzata alta quasi due metri che difende i reperti dalla vista, nota spuntare fra le erbacce e sullo sfondo dei grattacieli una lunga serie di archi in parte ancora sotto terra, alcune mura e le tracce, forse, di costruzioni successive.
Datare il materiale è difficile per un profano ma la struttura rivelata dagli scavi ed emersa da secoli di oblio sembra molto ma molto antica. C'è chi azzarda, addirittura che si possa trattare di resti tardo-romani ancora semisepolti dalla terra e dalla polvere e quindi destinati, dopo gli opportuni lavori di recupero, ad apparire molto più alti di come sembrino adesso.
Lo spazio archeologico è di grandissime dimensioni, uno dei maggiori ritrovati a cielo aperto a Milano negli ultimi anni (probabilmente dai tempi degli scavi della metropolitana).
L'insediamento venuto fuori, oltre alla sequenza di archi regolarmente distanziati e costituito da mattoni di terracotta (poi riempiti di laterizi a riprova di un uso diverso e successivo alla costruzione) mostra alcune mura anch'esse di mattoni ma di largo spessore che fanno pensare ad una cinta difensiva, non di natura militare. Ci sono anche un muretto più basso di epoca probabilmente precedente ed una serie archi ciechi.
Analizzando bene le carte d'epoca che mostrano il decumano romano (si estendeva attorno a via Circo, all'Anfiteatro e all'attuale corso Magenta su un'asse che raggiungeva Porta Romana), si viene a scoprire che dal centro, attraverso l'attuale via Manzoni, (dove le vestigia imperiali sono attualmente in mostra) partiva una strada che doveva collegare Milano proprio con le zone esterne attraversando gli attuali Giardini Pubblici di via Manin e salendo verso la pianura. Quindi, più o meno, si troverebbe proprio lungo l'insediamento apparso in questi mesi. E' chiaro, in ogni caso, che solo l'analisi degli addetti ai lavori potrà dirci davanti a cosa ci troviamo, al di là della bellezza di quanto apparso sotto le rovine.
Fonte: "Il Giorno"- Autore: Luisa Ciuni
L'articolo è segnalato anche in ARCHEOMEDIA

1 Comments:
la strada in direzione di Porta Nuova, non è ben documentata nella antichità, sebbene costruita sul cardo celtico, poi romano. La stessa porta non è antichissima: il suo nome significa ultima ed à forse quella precedentemente denominata aurea. Il tema è comunque di eccezionale importanza e attenderei nuovi sviluppi.
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