Potenza. "Trame Mediterranee"
Una Galleria Civica ed un Museo archeologico in pieno centro storico a Potenza, in Largo Pignatari. Lo spazio espositivo, destinato a mostre e rilevanti eventi culturali si trova nel Palazzo Loffredo, una delle rare testimonianze di edilizia nobile del XVII secolo nel centro antico della città.
Il MUSEO archeologico nazionale “Dinu Adamesteanu”: ubicato ai piani superiori di Palazzo Loffredo, interamente recuperato dalla Soprintendenza Regionale della Basilicata con un investimento di circa otto milioni di euro, ospita anche una grande biblioteca, uffici e locali polifunzionali.
Il Museo, inaugurato nel Maggio 2005, è intitolato all’archeologo rumeno che “scoprì” la Basilicata antica, dando il via ad una fitta e proficua campagna di scavi che hanno riportato alla luce, dalla metà degli anni Sessanta ad oggi, la plurimillenaria storia della Basilicata. I reperti, ricchi corredi funerari, vasi, armature, ricostruzioni di santuari e mura megalitiche raccontano nelle sale del Museo le varie civiltà, indigene o colonizzatrici, che hanno scritto la storia lucana e quella del suo territorio.
LE TRAME MEDITERRANEE DALLA SICILIA ALLA BASILICATA
La mostra “Trame Mediterranee” nasce a Potenza grazie ad una proficua collaborazione con l’omonimo museo di Gibellina (Trapani), nel segno dello spirito solare di “mediterraneità” che contraddistingue le civiltà sviluppatesi all’ombra del Mare Nostrum e che proprio questa mostra vuol rinsaldare, in una regione, la Basilicata, già nel passato crocevia di popoli e di preziose contaminazioni.
La Fondazione Orestiadi, tra le cui attività rientra anche il Museo “Trame Mediterranee” di Gibellina, l’ANCI Basilicata, il Progetto comunitario Interreg M.I.D.A, (di cui Anci Basilicata è capofila), la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata, il Comune di Potenza, hanno unificato i loro “sguardi” sul Mediterraneo e ricostituito il filo rosso che accomuna la sua memoria millenaria.
LE SEZIONI DELLA MOSTRA
I simboli…le forme…nel Museo Archeologico.
Il percorso di questa sezione di Trame Mediterranee inizia attraverso un viaggio nella Basilicata antica, con i suoi simboli che, a partire dal V millennio a.C., raccontano storie di migrazioni e di intrecci culturali fra i popoli del Mediterraneo, riproponendo sulle ceramiche motivi decorativi geometrici, figure stilizzate umane e animali, che richiamano concetti magico-religiosi connessi con un’idea di rinascita della natura e di rigenerazione dell’anima nell’aldilà. I reperti archeologici della Basilicata confrontati con quelli, molto più recenti, provenienti dal Nord Africa, testimoniano come l’artigianato ceramico del Mediterraneo abbia conservato per millenni rigide concezioni formali, talora con i medesimi significati simbolici che riaffiorano ancora nelle attuali produzioni, a dimostrazione di un’unica, antica e grande comunità culturale mediterranea.
Vestiti e gioielli provenienti da tutto il bacino del Mare Nostrum completano questa sezione della mostra dedicata ai simboli e alle forme. Si tratta, in primo luogo di vestiti, provenienti da paesi di cultura araba e databili tra il XVIII e il XX secolo, nella loro molteplicità di forme, decorazioni e tecniche esecutive. Il capo d’abbigliamento che in assoluto assume il ruolo di comune denominatore tra questi paesi è il caftano, originario della Persia. Indossato indifferentemente da uomini e donne, consiste in una specie di soprabito che scende fino ai piedi come una lunga camicia senza tagli.
Tra i vestiti tunisini, l’attenzione si rivolge verso gli abiti nuziali femminili del XIX e XX secolo, composti da più elementi: ampi pantaloni; una camicia con larghe maniche; la jebba, che corrisponde ad una sorta di gilet; un ricco copricapo o più spesso un diadema. Il tutto abitualmente ricoperto da serrati ricami in oro e argento filati. Anche i gioielli in esposizione provengono da tutto il bacino del Mediterraneo. Le tecniche di lavorazione sono comuni a tutti i popoli di matrice islamica o che hanno avuto stretti contatti con la cultura araba, Sicilia compresa: la perlinatura dell’argento, la filigrana, l’intaglio e il cesello, l’uso, in alcuni casi preponderante, di gemme semipreziose come il corallo e l’ambra. Altra specificità è l’uso degli smalti, che riprendono la tradizione bizantina e successivamente ottomana.
I segni…i colori……nella Galleria Civica
Il percorso espositivo contemporaneo si presenta volutamente esile, non marcatamente cronologico, muovendosi attraverso un linguaggio basato sui segni, sui materiali, sull’iconografia, sull’identità.
Nelle opere che compongono questa sezione, e che provengono dalle collezioni del Museo di Gibellina, il visitatore coglie vicinanze o distanze che regolano i rapporti dell’arte come quelli tra individui e tra culture: i calligrammi dell’artista tunisino Mahdaouj e quelli di Carla Accardi; l’asportazione della parola di Emilio Isgrò, l’importazione del linguaggio dell’algerino Akim Abbaci, o ancora il mimetismo della parola di Alighiero Boetti e l’espansione della stessa di Cattani.
I lavori di Mario Schifano, di Carla Accardi, di Pietro Consagra, di Emilio Isgrò, di Arnaldo Pomodoro testimoniano il valore di artisti che nel loro contatto con Gibellina hanno lasciato testimonianze umane e creative indelebili.
Le opere in mostra a Potenza sono ideale rappresentazione dell’opera che tutte le racchiude: il grande Cretto di Alberto Burri, realizzato sulle macerie di Gibellina distrutta dal terremoto del 1968.
Arte contemporanea, nella Galleria Civica di Potenza, e arti applicate, nel Museo Archeologico, si integrano reciprocamente con comparazioni immediate ed eclatanti: le opere dell’artigianato artistico del Mediterraneo si intrecciano con opere della creatività contemporanea.
A tal fine nella sezione potentina di Trame Mediterranee, dedicata all’arte contemporanea, sono collocate delle “presenze simboliche”, atte a provocare una riflessione sulle categorie del gusto “occidentale”. Si tratta di manufatti legati alle arti decorative delle culture del Mediterraneo che riescono a coesistere sotto lo stesso tetto con le opere di Consagra, Accardi, Schifano e di tutti gli altri artisti.
Le opere “contemporanee” esposte in Galleria Civica rimandano agli oggetti collocati negli spazi del Museo Archeologico Nazionale per contribuire a tessere l’ordito di un concetto ampio di mediterraneità e contemporaneità comparate.
Gli oggetti “non d’autore” parlano una loro lingua che non deve essere necessariamente solo “la nostra”: ci espongono un altro concetto di autore e di tempo e ci inducono a classificare l’artigianato di tanti paesi del Mediterraneo come la loro più rilevante e genuina forma di una ricerca artistica perpetua.
Scrive Achille Bonito Oliva: “Il Museo delle Trame Mediterranee di Gibellina rappresenta un’interpretazione corretta ed aperta della storia mediterranea che scorre dalla Spagna, Francia attraverso l’Italia, attraverso i paesi arabi. Questo Museo presenta insieme tracce della cultura alta ed altre di quella materiale, tra fantasia individuale e vivere quotidiano collettivo...lo spazio frontale alle Case di Stefano diventa un contenitore di segni di un’antropologia culturale fuori da ogni logica egemonica e di supremazia dell’Occidente sull’Oriente o del Nord sul Sud”.
Oggi lo spazio siciliano di Trame mediterranee diventa anche lo spazio della cultura antica e contemporanea di Potenza, della Basilicata, e si realizza in pieno il progetto di costruire una rete fra popoli e culture, una grande tessitura, sospesa fra il visibile e l’invisibile, di trame che parlano del Mediterraneo, fermandone i colori, suggellando i simboli e le forme e ricostruendo la storia.
IL PROGETTO M.I.D.A.
Il Progetto Comunitario M.I.D.A. (Mediterranean Initiatives – Development in Agricolture), nasce nell’ambito dei Progetti che accomunano i Paesi che si affacciano sulla sponda orientale del Mediterraneo (Archimed), e mira al rafforzamento del ruolo dei centri urbani e delle aree rurali, sviluppando contestualmente la cooperazione tra questi due soggetti.
Il Progetto M.I.D.A. vuole introdurre una riflessione approfondita su questo modello di sviluppo tipico delle aree mediterranee, mettendo a punto strategie e strumenti comuni affinché le culture, le strutture paesaggistiche e urbane siano non solo salvaguardate, ma anche valorizzabili come modelli di produzione di qualità e di sviluppo sostenibile, modelli di ecosistemi e paesaggio locali e modelli di cultura e ricchezza identitaria. Il Progetto, pertanto, si propone di esplorare le esperienze legate alle "tipicità" dei vari territori; studiare opportunità e condizioni di fattibilità per la creazione di attività e servizi comuni alla rete di partenariato; mettere a punto gli strumenti che consentano di tutelare e valorizzare i luoghi e le micro-filiere considerate una componente distintiva del territorio stesso.
L’ANCI Basilicata, capofila di un partenariato di 21 soggetti, italiani, greci, ciprioti, libanesi e turchi, ha voluto coniugare al senso del progetto M.I.D.A. la promozione delle arti, i loro percorsi attraverso il tempo e lo spazio, come espressioni della ricchezza di un territorio e del grado di civiltà raggiunto dai popoli, e come base per un linguaggio declinato sulle culture. Ognuna di esse solo all’apparenza diversa, in realtà semplicemente identitaria, ma aperta alla permeabilità che sin dai tempi più antichi ha permesso al Mediterraneo di essere il luogo privilegiato d’incontro fra le culture d’Oriente e Occidente.
“Dal Mediterraneo giunge l'arte dei suoi popoli. Un'arte che viene da tempi in cui gli uomini tornivano vasi, erigevano templi e scrivevano leggi. Esse erano sacre, al punto che in loro nome anche la morte era sublime. Facciamo allora che anche oggi l'arte, mentre consegna il bello ai nostri occhi, restituisca il senso del vivere civile ai nostri cuori”.
“Raccontare storie millenarie dedicate al Mediterraneo rappresenta un’avventura intellettuale di grande fascino, soprattutto se si compie con compagni di viaggio di grande prestigio intellettuale quali sono la Fondazione Orestiadi e il Museo delle Trame Mediterranee, insieme a tutti i partners del Progetto Mida. Una tela invisibile, fatta di generazioni umane che si sono confrontate, intrecciate in un vortice di culture, viene parzialmente svelata a ricomporre un caleidoscopio di immaginari dai colori forti del mare e delle terre che lo sovrastano. Si risentono, nella mostra, gli echi delle voci che si rincorrono nei porti, sulle navi, con il mare calmo e con quello in tempesta. Rimangono tangibili i simboli di queste culture millenarie, carichi di magie e di speranze di eternità che impregnano i cieli caldi, rassicuranti, del Mediterraneo. La mostra, in sintesi, rappresenta l’occasione per conoscere l’altro, il diverso da noi, anche se questa diversità è solo apparente. Un filo rosso, molto saldo di una memoria millenaria trasmette questa volta a partire dalla Basilicata messaggi di pace che avvolgono il Mediterraneo: Basilicata, centro (non solo geografico) del Mare Nostrum”.
Le Trame mediterranee di Gibellina e il suo Museo
Inserita nel più ampio contesto del settore arti visive della Fondazione, da molti anni affidato alla direzione di Achille Bonito Oliva, le opere in mostra provengono da una collezione che si propone, di fatto, come il più concreto spazio museale, in Sicilia, nel settore della creatività contemporanea, completato dalla sezione delle “arti applicate” presente nel contesto del museo.
Già dal 1996, l’insieme delle opere presenti nel complesso delle Case Di Stefano, sotto il nome di Museo-Officina ”Trame Mediterranee”, diretto da Enzo Fiammetta, esplicitava i dati caratteriali che la Fondazione Orestiadi intendeva tracciare per comporre la propria fisionomia: ricostituire la centralità del meridione d’Italia nel contesto dell’Europa e dell’Africa mediterranea, dove per “centralità” si intenda il recupero di uno “sguardo mediterraneo” nel vivere e vedere la cultura del nostro tempo. È così che è nato, ancora dall’impulso di Ludovico Corrao, l’insieme delle attività che nel teatro, nella musica e nelle arti visive hanno coinvolto maestri di tutte le arti e di tutto il mondo: personalità che hanno contribuito a dar vita a qualcosa di più di un “progetto organico”, che per la sua storia, per il contesto geopolitico, antropologico, per l’elemento utopistico che ne è alla radice e persino per la sua complessità poetica, presenta naturalmente, senza forzare i propri tratti, una fisionomia leggendaria.
Le opere presenti in mostra sono state selezionate tra quelle donate alla Fondazione nel corso degli anni, frutto del rapporto che gli artisti hanno stabilito con Gibellina e con il suo progetto di ricostruzione.
Il percorso espositivo segue la traccia di una intenzionale e proficua promiscuità creativa di generazioni e sensibilità, all’interno di un percorso volutamente esile, (cioè non marcatamente cronologico nel senso “accademico” del termine) ove si possono, anche, cogliere gli “ultrasuoni” di un dialogo tra le diverse “espressività”, alcune delle quali si pongono in una dimensione autonoma in grado di proporre e condurre un dialogo basato sui segni, sui materiali, sull’iconografia, sull’identità.
Vicinanze o distanze che regolano i rapporti dell’arte come quelli tra individui e tra culture: i calligrammi dell’artista tunisino Mahdaouj e quelli di Carla Accardi; l’asportazione della parola di Emilio Isgrò, l’importazione della parola dell’algerino Akim Abbaci, il mimetismo della parola di Alighiero Boetti e l’espansione della stessa di Cattani.
Vanno sottolineate, tra tutte, presenze particolarmente significative per l’identità stessa del Museo e di cui sono in mostra alcune tracce, come quelle di Mario Schifano, di Carla Accardi, di Pietro Consagra, di Emilio Isgrò, di Arnaldo Pomodoro: artisti che nel loro contatto con Gibellina hanno lasciato testimonianze umane e creative indelebili. Le opere qui in mostra sono testimoni dell’opera che tutte le racchiude: il grande Cretto di Alberto Burri, realizzato sulle macerie di Gibellina distrutta dal terremoto del 1968 e di tutti gli artisti di cui non è stato possibile mostrare una loro opera, ma dei quali se ne sente “ l’aura ”, perché presenti nel progetto di ricostruzione, nei tanti modi che l’espressività contemporanea consente. Tra i tanti: Joseph Beuys.
Va evidenziato un elemento su tutti come motivo conduttore della mostra “Trame Mediterranee” che è da sempre nelle intenzioni della Fondazione Orestiadi e che ha trovato terreno fertile nei nostri attuali interlocutori - Comune e Museo Archeologico Nazionale della Basilicata “Dinu Adamesteaunu” di Potenza - muoversi per far virare sempre più marcatamente il nostro progetto verso una idea complessiva ed originaria di “mediterraneità”. Considerare arti visive e decorative come complementari (i tessuti, i monili, i vasi, gli ornamenti provenienti dal Marocco, Libia, Egitto, Albania, Tunisia, Senegal, Turchia, Siria …).
Arte contemporanea e arti applicate che a Gibellina sono collocati in due edifici che si fronteggiano a Potenza sono offerti in due spazi limitrofi, come ambiti che si integrano reciprocamente con comparazioni immediate ed eclatanti. Le opere dell’artigianato artistico del Mediterraneo con opere della creatività contemporanea.
A tal fine nella Galleria d’arte Civica di Potenza (che ospita la selezione di arte contemporanea) sono collocate delle “presenze simboliche” atte a provocare una riflessione sulle categorie del gusto “occidentale”: si tratta di manufatti legati alle arti decorative delle culture del Mediterraneo che riescono a coesistere sotto lo stesso tetto con le opere di Consagra, Accardi, Schifano e di tutti gli altri artisti, soltanto se il visitatore è in grado di rompere l’inerzia accademica e “filologica” dei suoi convincimenti che assegna un posto stabilito e irremovibile a concetti quali: manualità artigianale e manualità creativa - tempo storico e classificazione del gusto e degli stili - opera d’Autore e autore d’opera.
Le opere “contemporanee” rimandano agli oggetti collocati negli spazi del Museo Archeologico Nazionale per contribuire a tessere l’ordito di un concetto ampio di mediterraneità e contemporaneità comparate, che non abbia il vizio tutto occidentale e globalizzante di apprezzare le altre culture come nostro estremo gesto d’amore.
Gli oggetti “non d’autore” parlano una loro lingua che non deve essere necessariamente “la nostra” (e che pure lo è più di quanto si pensi), ci espongono un altro concetto di autore e di tempo e ci inducono a classificare l’artigianato di tanti paesi del Mediterraneo come la loro più rilevante e genuina forma di una ricerca artistica perpetua e non è detto che non trovi nella sensibilità contemporanea uno dei suoi più incantati interlocutori.
Info:
fino al 2 settembre la Galleria Civica e il Museo Archeologico Nazionale della Basilicata “Dinu Adamesteanu”, entrambi ubicati nelle sale di Palazzo Loffredo, nel cuore del centro storico di Potenza, ospitano per la prima volta insieme una straordinaria esposizione dedicata ai simboli antichi e moderni del Mediterraneo.
Orari di apertura: martedì-domenica 9.00-20.00, lunedì 14.00-20.00, visite guidate gratuite su prenotazione.
Referente: Dott.ssa Lucia Moliterni - Funzionario Soprintendenza Archeologica della Basilicata 0971.21719 - cell. 349.3711791.
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