ARCHEOBLOG

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21 giugno 2007

Enrico Giannichedda: "Archeologia teorica"


L'archeologia è una disciplina pratica, ma ciò non toglie che quanto gli archeologi fanno dipende da ciò che pensano.
Sono infatti le idee e le teorie relative alla vita dell'uomo, allo sviluppo sociale, alla concezione della storia a condizionarne il lavoro.
Oltre a studiare quanto elaborato in passato, l'archeologia teorica si caratterizza per il dibattere, anche animatamente, del presente della disciplina e di quale potrà esserne il futuro.
Il libro, accanto a questi temi, affronta il rapporto pratica-teoria, ed evidenzia i forti legami che l'archeologia intrattiene con la storia e l'antropologia.

Introduzione
"La storia dell'archeologia dall'antichità ai giorni nostri
non è la storia indefinita del progresso delle conoscenze,
bensì un mare agitato da onde tumultuose, che lasciano
sulla sabbia conchiglie che altre onde riportano lontano."
Schnapp, 1994, p. 33

"Non possiamo sguazzare per sempre in ciò che si può
pensare; la scienza si occupa di ciò che si può fare."
Gould, 1997, p. 106

L'archeologia è una disciplina estremamente pratica che si caratterizza per studiare oggetti concreti a scopo di ricostruzione storica. Essa, apparentemente, necessita solo di un metodo per far parlare oggetti altrimenti muti: un metodo che eviti errori grossolani, come attribuire un manufatto a un periodo anziché a un altro, o sbagliare sul modo in cui fu prodotto, sulla provenienza, sull'uso che di quell'oggetto poteva essere fatto. Il reperto archeologico, si sa, può parlare.
Spesso lo si considera una fonte diretta giunta fino a noi dal passato. Se però si lascia da parte l'autocelebrazione del proprio mestiere, la realtà è ben diversa. Ogni archeologo, nel chiuso del magazzino dei reperti, sa che non udrà alcuna voce levarsi dalle cassette impolverate.
I reperti tacciono. I metodi, compresi quelli mutuati dalle discipline scientifiche, se ben impiegati risolvono questioni specifiche, forniscono dati, ma da soli non conducono mai alla ricostruzione del passato.
Questa resta da farsi. E il compito, è inutile negarlo, se non ingrato, è certamente gravoso.
I manufatti, e più in generale tutti i reperti, vanno forzati a essere parte di una storia avente per protagonisti gli uomini e il loro vivere in società.
Inevitabilmente l'archeologo ne sarà il regista: attribuisce le parti ai vari interpreti, organizza una trama, suggerisce un finale e, talvolta, una morale. Per fare questo, se non un copione già scritto, serve almeno un canovaccio o un'idea. Senza idee non si fa storia (e non si girano film). Per fortuna tutti hanno qualche idea in testa o, come minimo, sanno dove copiarla; gli archeologi da sempre, e oggi non meno che in passato, hanno attinto alle fonti scritte con trame che giocano ora a confermarne le ricostruzioni, ora a porle in discussione.
La concretissima archeologia segue così percorsi segnati da altri nel solco della tradizione scritta. Spesso neppure si è consci di copiare; gli archeologi, essendo stati bravi liceali, conoscono le fonti, e quindi, in maniera piana e senza sussulti, ne ricavano schemi collaudati che è sconsigliato abbandonare.
Nello studio della preistoria, per l'assenza di fonti storiche coeve, altre trame utili a organizzare i reperti sono invece ricavate da fonti posteriori, ipotizzando una qualche continuità storica, o dall'etnologia descrittiva dei popoli "primitivi" attuali.
Caso particolare, ma non infrequente, è quello di chi decide di non provare neppure a raccontare una storia con i propri reperti. Spesso il motivo è che gli stessi sono davvero poverissimi o comunque inadeguati; al massimo si può organizzarli per un futuro utilizzo in qualche opera basata su un maggior numero di dati.
L'archeologo in questo caso non si fa regista, ma si limita a organizzare una specie di scuola di recitazione da cui altri potranno attingere.
Talvolta i mezzi per un buon film sembrano invece esserci e la storia che non viene è allora conseguenza non della paura del palcoscenico, ma del non sapere che cosa fare con i dati che si sono raccolti.
Nell'industria cinematografica un simile individuo privo di idee, ovviamente, non potrebbe mai diventare regista e il produttore, colui che paga e pretende un risultato, lo destinerebbe più utilmente, e non a caso, a trovarobe.
L'archeologia, come si è detto, è questo: lo studio di oggetti materiali a scopo di ricostruzione storica, qualunque siano gli oggetti e qualsiasi cosa si intenda per ricostruzione storica, ma purché esista il problema di porre in relazione le osservazioni condotte nel presente con il passato che si cerca. Proprio per fare questo, dietro la concretezza dei materiali e la varietà dei metodi, si cela sempre un'idea che contraddistingue chi li cerca, li organizza, li utilizza.
Idea originale o copiata, aperta o fissa, tradizionale o trasgressiva, talvolta mutevole o confusa,ma che inevitabilmente concerne la vita dell'uomo, la storia della società, la concezione del passato, il posto che si ritiene giusto per sé e per gli altri.
Sono queste idee che portano a ricostruire una data storia anziché un'altra, a valorizzare ciò che è funzionale al proprio disegno, ad adottare i metodi più utili allo scopo.
In più occasioni, nel corso del presente lavoro, si vedrà come le idee degli archeologi facciano ricostruire un certo passato anziché un altro: per dirne una, il creazionismo basato sul racconto biblico, ma anche, parimenti insostenibile, l'archeologia razzista e coloniale che negava le capacità intellettive dei nativi americani e africani.
Talvolta, a distanza di tempo, certe idee possono sembrare talmente incredibili da far dubitare della serietà di chi le sosteneva, ma così facendo, non collocandole nel proprio ambiente, si farebbe un torto a molti studiosi che hanno contribuito a ciò che è oggi l'archeologia.
Si perderebbe così quel che più conta: l'opportunità di interrogarsi, alla luce di siffatta esperienza, sul modo in cui quelle idee hanno costruito le fonti che si dicono oggettive, su ciò che influenza l'attuale sentire, su quanto reggeranno alla prova del tempo le convinzioni odierne, sull'essere, l'archeologia, un corpo unico in cui teoria e pratica sono inestricabilmente avvinghiate.

Idee, teorie, fatti
Le teorie altro non sono che insiemi di idee strutturate in modo coerente al fine di riconoscere, spiegare, interpretare, talvolta anche prevedere, fatti.
Questi, come ben sapeva Newton colpito dalla caduta di una mela, esistono indipendentemente dalle teorie e, solo per questo motivo, spesso appaiono essere più sicuri e attendibili.
Le persone quasi sempre apprezzano la concretezza, il fare anziché il pensare ed è evidente, ad esempio, il diverso valore di affermazioni d'uso frequente come "è un dato di fatto", "trattasi di una teoria". Il sicuro verificarsi di un evento (fatto) da solo non è però sufficiente per avere una qualche corretta conoscenza della natura del medesimo; se più persone assistono a un incidente si avranno ad esempio varie descrizioni e diverse interpretazioni delle cause; se in agosto il primo giorno di ferie piove (fatto) non si rinuncerà per questo alle vacanze e si confiderà in una teoria che prevede "probabile" bel tempo.
Del resto, solo la scoperta della teoria gravitazionale chiarì a Newton il motivo per cui le mele, similmente a ogni altro materiale, cadono.
Nella testa dei Sapiens, la registrazione dei fatti avvenuti e le idee che li spiegano stanno insieme da epoche imprecisate e di gran lunga precedenti all'invenzione di una teoria storiografica.
Essa ha comunque il medesimo scopo delle osservazioni più elementari: ordinare i fatti di cui si ha memoria rendendoli comprensibili ed evitando di essere schiacciati da una realtà altrimenti non conoscibile tanto è complessa.
Dato un ordine alle idee, ogni nuovo fatto potrà arricchire la casistica e migliorare la teoria confermandola, modificandola, contribuendo a costruirne una nuova.
Tra fatti e teorie non ci sono vie di mezzo.
Peggio della teoria c'è però l'ipotesi fine a se stessa, la congettura, la credenza e, distanziata, la balla più o meno clamorosa.
Argomentazioni discutibili e controverse, come sono molte teorie, ma che, diversamente da queste, non contribuiscono al progresso delle conoscenze perché, se anche contengono del vero, non sono strutturate logicamente al fine di spiegare i fatti e non è quindi possibile porle in discussione.


Indice
Introduzione.

1.Una teoria per la pratica
Contro gli specialisti.
Teoria, metodologia e pratica della ricerca.
Al mercato delle idee.
Teoria e storia dell'archeologia.
Teoria e preistoria.
Teoria e presente.
Archeologia e scienza.
Punti fermi.
Per riassumere...

2.La nascita di una disciplina.
Le verità rivelate.
La premessa illuminista.
Il paradigma delle tre età.
La geologia attualista e stratigrafica.
L'evoluzione naturale.
La storia è di classe.
L'evoluzione sociale.
Le spiegazioni del cambiamento.
Per riassumere...

3.Consolidamento e tradizione.
Archeologia e storia dell'arte.
Arte e società.
Il concetto di cultura archeologica.
Per riassumere...

4.Scetticismo e scoperta del tempo.
Un paradigma inespresso.
Nuove idee marxiste ed evoluzioniste.
La sostanza del passato.
La scoperta del tempo: il C14.
I tempi della storia.
Per riassumere...

5.La New Archaeology.
Un'archeologia ottimista.
Scienza e legge.
Cultura come adattamento.
Teorie di medio raggio.
Archeologia dei sistemi.
Archeologia analitica.
Behavioral Archaeology.
Il materialismo culturale.
Per riassumere...

6.L'archeologia postprocessuale e contestuale.
Un'archeologia contro.
Contesto e cultura materiale.
L'individuo attivo.
Stile e significato.
Precursori illustri.
Gli sviluppi più recenti.
Gender Archaeology.
Lo strutturalismo.
Per riassumere...

7.La ricomposizione del conflitto.
Un futuro pluriverso.
Uomo, tecnica, arte.
Archeologia cognitiva.
Cacciatori e detective.
La cultura materiale.
Per riassumere...

Bibliografia.

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