ARCHEOBLOG

Giornale archeologico e culturale costantemente aggiornato con le ultime notizie e gli ultimi approfondimenti storico-archeologici



28 luglio 2008

Carnia (Ud). XX Agosto Archeologico

dal 26 luglio al 11 settembre 2008

La SOCIETA’ FRIULANA DI ARCHEOLOGIA – onlus – Sezione Carnica, ha organizzato, in collaborazione e col patrocinio di:
Città di Tolmezzo; Comuni di Cavazzo Carnico, Forni di Sopra, Forni di Sotto, Ovaro, Raveo, Sutrio, Verzegnis, Zuglio; Comunità Montana della Carnia; Museo Carnico delle Arti e Tradizioni Popolari di Tolmezzo; Pro Loco di Ravascletto, il XX AGOSTO ARCHEOLOGICO, ciclo di incontri a tema archeologico dal 26 luglio al 11 settembre 2008.

Dettaglio degli incontri:

- TOLMEZZO – sabato 26 luglio - ore 17, 00 – Museo Carnico delle Arti e Tradizioni Popolari:
Inaugurazione - Interventi delle autorità.
Gloria VANNACCI LUNAZZI, Coordinatrice della Società Friulana di Archeologia - Sezione Carnica, “1988-2008: venti anni di Agosto Archeologico in Carnia”.
Gino BANDELLI, Università di Trieste, “La Romanizzazione, con riferimento particolare alla Venetia et Histria”.

- RAVEO – sabato 2 agosto, ore 20, 30 -  Sala ex-asilo
Patrizia DONAT e Giuliano RIGHI, Trieste, “Pratiche cultuali nel Friuli Settentrionale tra tarda età del ferro e prima età imperiale

- VERZEGNIS – giovedì 7 agosto, ore 20, 30 – Sala Consiliare Comunale
Gloria VANNACCI LUNAZZI, direttrice degli scavi di Verzegnis e Luca VILLA, Università Cattolica di Milano, “Nuovi dati sugli scavi di Colle Mazéit (Verzegnis)”

- CAVAZZO CARNICO – sabato 9 agosto, ore 18, 00 –“Presentazione  dell’ Antiquarium della Pieve  di Santo Stefano di Cesclans

- OVARO – martedì 12 agosto, ore 20, 00 – Chiesa di San Martino
Aurora CAGNANA, Soprintendenza Archeologica della Liguria e Daniela PERESSON, responsabile Progetti Europei per la Regione Friuli Venezia Giulia, “Passato, presente e futuro nella programmazione europea per l’archeologia
Seguirà visita guidata notturna all’area archeologica di San Martino di Ovaro

- TOLMEZZO – mercoledì 13 agosto, ore 18, 00 – Museo Carnico delle Arti e Tradizioni Popolari,
Gloria VANNACCI LUNAZZI, Società Friulana di Archeologia – Sezione Carnica, “Presentazione del n. 17 dei Quaderni Friulani di Archeologia
Fabio PIUZZI, Accademia di Studi Medievali J. Rudel, “Ricerche archeologiche in un Ospizio dei Cavalieri di San Giovanni: San Nicolò degli Alzeri (Piano d’Arta)

- ILLEGIO – giovedì 14 agosto, ore 15, 00 – Casa delle Esposizioni
Aurora CAGNANA, direttrice degli scavi, “Visita guidata alle fortificazioni di Illegio

- RAVASCLETTO – venerdì 22 agosto, ore 20, 30 – Albergo Bellavista
Andrea PESSINA, Soprintendenza Archeologica del Friuli Venezia Giulia, “Cacciatori nell’arco alpino orientale durante la Preistoria” ;

- SUTRIO – giovedì 28 agosto, ore 20, 30 – Sala Consiliare Comunale
Federica FONTANA, Università di Trieste, “Culti di Romanizzazione

- ZUGLIO – venerdì 29 agosto , ore 18, 00 - Palestra Scuole Elementari
Serena VITRI, Soprintendenza Archeologica del Friuli Venezia Giulia e Luciana MANDRUZZATO, Società Arχè – Trieste, “Edilizia privata a Iulium Carnicum

- TOLMEZZO – sabato 6 settembre, ore 17, 00 – Museo Carnico delle Arti e Tradizioni Popolari
Salvatore SPATA, Associazione micologica “Bresadola” di Vigevano, Presentazione ed inaugurazione della mostra “I funghi della Carnia” (resterà aperta anche domenica 7 settembre)

- FORNI DI SOPRA – giovedì 11 settembre, ore 15, 00 - Piazza Municipio
Fabio PIUZZI, direttore degli scavi, “Visita guidata agli scavi di Sacuidic e Cuol di Cjastiél (Forni di Sopra) e di Pra di Got (Forni di Sotto)".

mgvannacci@libero.it

Etichette:

25 luglio 2008

Resoconto della conferenza stampa sulla campagna di scavo della località Artanisi - Ugento

Il giorno venerdì 18 luglio 2008, alle ore 17:30 presso la Sala Conferenze della Fondazione “Cassa di Risparmio della Puglia”, si è tenuta una conferenza avente come tema la presentazione dei primi risultati evinti dalla campagna di scavi archeologici effettuata nel periodo compreso tra il giorno 9 giugno 2008 e il giorno 4 luglio 2008 in Località “Artanisi” nel Comune di Ugento, in cui è situato uno dei più importanti monumenti megalitici della Protostoria Salentina, ovvero la Specchia “Artanisi” .

Hanno partecipato alla conferenza il Presidente della Fondazione “Cassa di Risparmio della Puglia”, Dott. Antonio Castorani, il Soprintendente per i Beni Archeologici della Puglia, Dott. Giuseppe Andreassi, il Direttore del Dipartimento di Beni Culturali dell’ Università del Salento, Prof. Aldo Siciliano, il Sindaco del Comune di Ugento, On. Eugenio Ozza, e la direttrice della suddetta campagna di scavi nonché Docente di Preistoria e Protostoria europea all’ Università del Salento, la Prof. sa Anna Maria Betti Sestieri.

Gli scavi archeologici condotti per approfondire la conoscenza della Specchia “Artanisi” nascono da un progetto di collaborazione tra il Comune di Ugento, la Fondazione “Cassa di Risparmio della Puglia”, il Dipartimento di Beni Culturali dell’ Università del Salento e la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Regione Puglia. La cooperazione avviata tra questi Enti ha come obiettivo non solo quello di riportare alla luce il significato e le caratteristiche strutturali di questo monumento megalitico, ma anche di creare i presupposti per la valorizzazione delle risorse culturali del territorio ugentino, vero tesoro in grado di garantire un turismo destagionalizzato e di qualità.

Dall’ intervento della Direttrice degli scavi, la Professoressa Betti Sestieri, si evince il carattere eccezionale di questa specchia, che, con i suoi sessanta metri di lunghezza, è tra i più imponenti monumenti protostorici del Mediterraneo.

Risalente alla prima metà del secondo millennio a. C. (età del Bronzo Medio), la Specchia “Artanisi” è un sontuoso monumento di carattere funerario; infatti al di sotto del consueto accumulo di pietrame calcareo che contraddistingue queste evidenze archeologiche, si conservano diverse tombe con corredi che hanno permesso anche la definizione cronologica del contesto.

artanisi_2

Un'immagine del sito di Artanisi*

Non si conosce ancora il numero esatto delle sepolture conservate dalla specchia, poiché negli scavi sopra citati non si è esplorato tutto lo spazio ingombrato dalle pietre di accumulo, ma le quattro tombe rinvenute hanno fornito importantissime conoscenze su alcune caratteristiche culturali della civiltà Protoappenninica, la cultura che ha abitato il contesto dell’Italia meridionale nell’ età del Bronzo. Le caratteristiche strutturali delle sepolture permettono di comprendere il grado di competenze e la raffinatezza raggiunte da questa civiltà: si tratta di tombe a cassa di lastroni litici al cui interno era deposto l’inumato con il suo corredo (vasellame tipico dell’ età del Bronzo, ovvero brocche e ciotole di varie dimensioni). Le dimensioni delle casse e la presenza di corridoi di accesso permettono di parlare di vere e proprie “camere sepolcrali”.

Importante dato sulla complessità di queste tombe è la realizzazione del piano di pavimentazione, realizzato mediante uno strato di terra che aveva la funzione di regolarizzare il sottostante banco roccioso, sul quale veniva posizionato un lastrone di pietra, che fungeva piano pavimentale della tomba.

Questi ed altri interessantissimi dati contribuiscono a ridare la legittima importanza a tale straordinario esempio di architettura funeraria monumentale protostorica, uno dei più importanti dell’età del Bronzo nel bacino del Mediterraneo.

PAO_0034

Immagine del convegno "Percorsi Storico - Naturalistici nel paesaggio salentino tra realtà e multimedialità", tenutosi ad Ugento il 18/07/2008*

*Le foto sono dello Studio di Consulenza Archeologica di Ugento.

Fonte: "Comune di Ugento"

Etichette:

23 luglio 2008

Pontelandolfo (Bn). Etruschi nel Sannio - Recuperi archeologici della Guardia di Finanza

dal 20 luglio al 19 ottobre 2008

L’Amministrazione comunale e l’associazione Pro-Loco di Pontelandolfo, in collaborazione con la Guardia di Finanza Nucleo Polizia Tributaria di Roma Gruppo Tutela Patrimonio Archeologico, hanno inteso organizzare nel centro sannita una mostra intitolata “Etruschi nel Sannio - Recuperi archeologici della Guardia di Finanza”.
Il Gruppo Tutela Patrimonio Archeologico si propone di allestire nell’istituendo Antiquarium civico di Pontelandolfo una composita selezione di materiali fittili e marmorei, provenienti da una serie di sequestri operati dalla Guardia di Finanza in territorio elvetico, ed afferisce ad opere di provenienza apula, gnathia, daunia e più in generale magno-greca.
A corredo della rassegna verranno predisposti totem informativi multimediali con forex, video ed apparati didattici, con possibilità di testi bilingue (italiano/inglese) indirizzati alla fruizione museale delle comunità pontelandolfesi residenti in Australia e Stati Uniti d’America in visita estiva.
La rassegna avrà la durata di tre mesi (20 luglio-19 ottobre 2008) con possibilità di una o più proroghe trimestrali, volte alla programmazione delle visite didattiche per la popolazione studentesca di ogni ordine e classe degli anni scolastici 2008-2009.
La mostra, che beneficerà del patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Comando Generale della Guardia di Finanza, si inserisce nell’ambito delle attività culturali, artistiche e folcloristiche programmate per l’anno 2008 dalla Pro-Loco di Pontelandolfo, in collaborazione con l’Amministrazione comunale.
L’evento - commenta il sindaco Cosimo Testa - è sicuramente un’occasione straordinaria per far conoscere agli amanti dell’archeologia, ma anche ad un più ampio pubblico, l’attività svolta dal Gruppo Tutela Patrimonio Archeologico della Guardia di Finanza, nel recupero di opere di grande rilievo artistico e storico. Il sogno, divenuto realtà - continua Testa - che un piccolo-grande paese montano, la nostra Pontelandolfo, sia stato scelto per una Mostra di rilevanza nazionale inorgoglisce la nostra comunità, che ha così l’opportunità di offrire ai tantissimi visitatori le sue bellezze paesaggistiche, architettoniche e naturalistiche; nel contempo, sprona l’Amministrazione comunale in carica a portare a termine il progetto di ammodernamento ed arricchimento dell’Antiquarium Civico, nel quale sono già custoditi numerosi reperti rinvenuti dalla locale sezione dell’Archeoclub sul territorio comunale, nelle località di Coste Chiavarine e Sorgenza”.
Secondo il vicesindaco Fernando Guerrera: “Si è qui accolta una mostra che testimonia direttamente l’importanza dell’eredità culturale trasmessaci dall’antichità e della necessità della sua tutela. Il soggetto della mostra - prosegue il vicesindaco -, la musica, la danza e la poesia nell’antichità attraverso le testimonianze figurate di vasi prodotti in Grecia, in Italia Meridionale ed in Etruria, sepolti come corredo funebre di quegli antichi abitatori d’Italia ed in seguito trafugati e solo di recente, grazie all’attività della Guardia di Finanza, ritornati nella pubblica fruizione ma oramai privi del proprio contesto culturale, ci spingono a concentrarci sul messaggio di cui questi oggetti sono latori, artistico e più latamente culturale, di un modo di essere capace di costruire un ponte fra genti di lingue, credenze e abitudini diverse, che ne hanno recepito gli elementi costituenti e ce li hanno trasmessi come parte della nostra identità culturale collettiva di Europei”.
Sono stati nominati componenti del Comitato Scientifico: Mario Pagano, soprintendente per i beni archeologici della province di Caserta e Benevento; Luigi La Rocca, archeologo, direttore-coordinatore della Soprintendenza per i beni culturali delle province di Caserta e Benevento; Mario Pedicini dirigente Ufficio scolastico provinciale di Benevento; Lamberto Ingaldi, direttore del Museo diocesano di Benevento; Elena Mazzarelli dirigente scolastica - Istituto comprensivo di Pontelandolfo; Ferdinando Creta, consulente Art-Sannio - Campania; Antimo Albini vicepresidente Archeoclub sezione di Morcone e Pontelandolfo.

Fonte: "Il Sannio Quotidiano"

Etichette:

21 luglio 2008

Iniziati gli scavi archeologici alla Caverna delle Arene Candide (Finale Ligure - SV)

SULLE TRACCE DI CACCIATORI VISSUTI 30.000 ANNI FA: INIZIATI GLI SCAVI ARCHEOLOGICI ALLA CAVERNA DELLE ARENE CANDIDE (FINALE LIGURE - SV)

Un gruppo di archeologi sta cercando a Finale Ligure le tracce delle popolazioni di cacciatori che abitarono - 30000 anni fa - la Caverna delle Arene Candide, uno dei più rilevanti siti archeologici preistorici dell’area Mediterranea.

Le ricerche sono condotte dalla McGill University di Montreal (Quebec, Canada) e rappresentano il primo tassello del Programma Integrato di Conoscenza e Fruizione “La Caverna delle Arene Candide”, promosso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, attraverso la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Liguria.

La Caverna delle Arene Candide è al centro di un ampio progetto di valorizzazione che nel giro di pochi anni ne permetterà l’apertura al pubblico, oltre alla realizzazione di un centro di studio e di un parco archeologico nell’area dell’ex cava Ghigliazza, interessata da una vasta operazione di recupero urbanistico. Caverna Arene Candide - esterno 1

L’equipe canadese è guidata dal prof. Julien Riel-Salvatore, affermato ricercatore noto a livello internazionale per le sue indagini sui rapporti culturali e antropologici tra l’Uomo di Neandertal e l’Uomo sapiens, la specie a cui noi tutti apparteniamo.

Le ricerche si svolgono grazie ad un finanziamento del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, al supporto logistico offerto dal Comune di Finale Ligure e al sostegno della Freddy Spa (Sponsor e Fornitore Ufficiale della Squadra Olimpica Italiana ai Giochi di Pechino 2008).

Archeologi e antropologi opereranno dalla metà di luglio, per circa due mesi, nella porzione sud orientale della caverna, in quella stessa area dove, ormai più di sessanta anni fa, si svolsero alcuni scavi diretti da Luigi Bernabò Brea (primo Soprintendente Archeologo della Liguria) e Luigi Cardini (membro dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana), che portarono alla ribalta internazionale questo sito archeologico. Le precedenti ricerche dimostrarono come la Caverna delle Arene Candide conservi al suo interno la più articolata e completa stratigrafia, ossia una sequenza di livelli di terreno, che contiene preziosi ed eccezionali indizi sull’avvicendarsi delle culture umane tra le ultime fasi del Paleolitico superiore (26.000 a.C.) e l’epoca bizantina (VII secolo d.C.).

Lo scavo archeologico riprenderà dal punto abbandonato dai precedenti ricercatori. Si può valutare che meno del 20% del terreno contenente testimonianze del Paleolitico sia stato ad oggi esplorato. Obiettivo delle nuove indagini scientifiche, assai evolutesi in questi decenni, è quello di verificare alcuni dati pregressi e soprattutto di scendere oltre quei 7 metri di profondità da dove, nel maggio del 1942, tornò alla luce la ormai celebre sepoltura di un cacciatore del Paleolitico, ribattezzata “Giovane Principe” per la ricchezza degli oggetti deposti nella tomba. Questa sepoltura, con il corpo adagiato su un “letto” di ocra rossa, minerale ferroso usato come colorante, è uno dei più affascinanti ritrovamenti dell’archeologia moderna, che ci restituisce una suggestiva immagine della ritualità delle genti del Paleolitico.

“Se teniamo presente - afferma Roberto Maggi, archeologo direttore del Programma Integrato di Conoscenza e Fruizione «La Caverna delle Arene Candide» - che gli scavi non hanno mai raggiunto il fondo della caverna, ma che da alcune prospezioni geoelettriche sappiamo che la sua massima profondità è alcuni metri più in basso di quella raggiunta con la scoperta della sepoltura del principe, è altamente probabile che si conservino intatti gli strati che contengono tracce del passaggio/sostituzione fra l’Uomo di Neandertal e la nostra specie, avvenuto attorno a 35000 anni fa”.

Questo uno dei quesiti a cui cercherà di rispondere l’equipe canadese durante l’estate 2008, trovandosi ad affrontare una sfida scientifica importante e che sicuramente riserverà sorprese, considerato che dalla Caverna delle Arene Candide provengono ben 19 sepolture paleolitiche, esposte nel Museo di Archeologia Ligure di Genova e nel Museo Archeologico del Finale, che costituiscono uno dei più consistenti complessi funerari paleolitici ad oggi noto al mondo.

Il Paleolitico, in Liguria, copre un arco di tempo molto ampio, da circa 400 mila a 10 mila anni fa. Poche aree italiane hanno fornito, come il Finalese, tante testimonianze delle diverse specie umane (Homo erectus, Homo neandertalensis, Homo sapiens), dedite alla caccia e alla raccolta di vegetali spontanei e frutti, vissute in Europa durante tale epoca. Le numerose caverne nel territorio di Finale Ligure hanno ben documentato i cambiamenti climatici e del paesaggio in epoche così remote, i modi di vita di queste genti, la lenta evoluzione della tecnica di scheggiatura della pietra, che queste popolazioni impiegarono per la realizzazione di strumenti indispensabili per le attività quotidiane e la sopravvivenza.

Fonte: "DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI DELLA LIGURIA"

Etichette:

17 luglio 2008

Trasacco (Aq). Antichi riti nel Fucino

Sabato prossimo 19 luglio alle ore 10.30 presso il municipio di Trasacco è in programma l’incontro “Antichi riti nel Fucino”, organizzato da Archeologia Viva e Università di Pisa, in collaborazione con Comune di Trasacco, Soprintendenza per i Beni archeologici dell’Abruzzo e Archeoclub d’Italia, dove verrà presentata l’intera sequenza delle scoperte all’interno dell’ormai famosa grotta abruzzese. Alle ore 15 visita guidata alla grotta con gli scavi in corso.Fucino

Per migliaia di anni la Grotta Continenza, a Trasacco (Aq), ospitò comunità di uomini preistorici che la utilizzarono per inquietanti riti funebri. Sabato prossimo 19 luglio alle ore 10.30 presso il municipio l’incontro “Antichi riti nel Fucino” per presentare le scoperte.

Un vero e proprio cimitero preistorico è stato rinvenuto nella Grotta Continenza, un antro che si apre sui monti che circondano il Fucino, in Abruzzo, una grande pianura che prima delle bonifiche ottocentesche era il secondo lago d’Italia. La scoperta è presentata sul nuovo numero della rivista Archeologia Viva. All’interno della grotta, dove da trent’anni vengono effettuati scavi da parte di un’équipe dell’Università di Pisa in accordo con la Soprintendenza per i Beni archeologici dell’Abruzzo, sono stati ritrovati molti resti di sepolture riferibili a un lunghissimo periodo della preistoria. Le più recenti, una trentina di individui fra adulti e giovani, risalgono all’età neolitica e si datano a circa 6500 anni. Il momento della sepoltura era accompagnato da riti particolari. Ad esempio i corpi di due bambini sono stati ritrovati senza testa, mentre altri due furono cremati e le ceneri deposte dentro due vasi, quindi coperte dai resti, sempre cremati, di una donna. Ma la Grotta Continenza fu frequentata fin dal Paleolitico dai cacciatori e pescatori del Fucino, che in ogni epoca vi hanno lasciato i segni del proprio passaggio, come resti di pesci e di animali cacciati e selci scheggiate, sempre usando l’antro anche come luogo di seppellimento. Assolutamente eccezionale è una sepoltura di circa 10.300 anni fa: un uomo venne deposto bocconi dentro un circolo di pietre con il braccio destro piegato sotto il ventre, le gambe flesse fino a toccare il bacino come fosse stato legato, e inoltre mutilato del cranio, delle vertebre cervicali e dei piedi; al posto del cranio vennero poste due pietre poggianti sopra una specie di cuscino formato da pietre più piccole. Un altro uomo è stato ritrovato deposto sul fianco sinistro, la testa rivolta a nord, e in tutta l’area di sepoltura c’erano canini forati di cervo, conchiglie marine (preziosissime vista la distanza dall’Adriatico), grumi di ocra rossa, cristalli di quarzo e ossa di animali decorate con segni geometrici. Mentre di una donna sepolta intorno a 9600 anni fa è stata ritrovata solo la parte inferiore del corpo. «Le sepolture della Grotta Continenza – afferma la professoressa Renata Grifoni che dirige gli scavi – costituiscono una testimonianza straordinaria per la conoscenza dei rituali funerari nella preistoria. Comunque, pur trovandoci davanti a casi eccezionali, se non inquietanti, di sepolture, è necessaria la massima prudenza prima di avanzare ipotesi suggestive, come la costrinzione del cadavere, la decapitazione e l’eventuale culto dei crani».

Giulia Pruneti (addesta stampa di Archeologia Viva)

Etichette:

14 luglio 2008

Ugento (Le). Interventi di conoscenza, tutela e valorizzazione dell'area archeologica di località Artanisi

Si comunica che il giorno 18 luglio 2008 alle ore 17,00 presso la sede della FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI PUGLIA – Viale della Repubblica n° 111, angolo Via Armenise – Bari - si terrà la Conferenza Stampa riguardante il progetto:

INTERVENTI DI CONOSCENZA, TUTELA E VALORIZZAZIONE

DELL’AREA ARCHEOLOGICA DI LOCALITÀ ARTANISI

AD UGENTO (LECCE)”

Interverranno:

Saluti di indirizzo

Prof. ANTONIO CASTORANI PRESIDENTE FCRP Bari

On. le EUGENIO OZZA SINDACO DELLA CITTÀ DI UGENTO

Dott. GIUSEPPE ANDREASSI SOPRINTENDENTE PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA PUGLIA

Prof. ALDO SICILIANO DIRETTORE DEL DIPARTIMENTO DI BENI CULTURALI – UNIVERSITÀ DEL SALENTO

La località Artanisi ad Ugento – prima campagna di scavo archeologico - nuovi dati e acquisizioni

Prof.ssa ANNA MARIA BIETTI – SESTIERI DOCENTE DI PROTOSTORIA EUROPEA - UNIVERSITÀ DEL SALENTO

Il progetto, che ha dato avvio alla I Campagna di Scavo sistematica nel territorio di Ugento (dal 9 giugno al 6 luglio 2008), interessa una delle più importanti aree archeologiche di età preistorica scoperte negli ultimissimi anni nel Salento, situata in Località Artanisi, tra Ugento e Torre S. Giovanni. Si tratta di un’area di pochi ettari, in cui sono concentrate una grande specchia e due grotte, parzialmente accessibili. La specchia, situata in una posizione molto favorevole anche dal punto di vista naturalistico, sul ciglio degli ultimi pendii che guardano verso il mare di Torre S. Giovanni, è stata oggetto recentemente di una prima esplorazione archeologica, che ha messo in luce due sepolture dolmeniche di epoca preistorica e protostorica; materiali dello stesso periodo sono stati rinvenuti nelle due grotte. Nel complesso, le datazioni archeologiche dei materiali rivenuti nell’area si collocano fra l’Età del Rame e l’Età del Bronzo antica e media (fra il IV e la metà circa del II millennio a.C.).

L’Assessorato alla Cultura del Comune di Ugento - Assessore alla Cultura Avv. Massimo Lecci - ente attuatore del progetto, sarà coadiuvato dagli Enti pubblici preposti alla ricerca ed alla tutela, che operano sul territorio comunale da molti anni e con i quali l’Amministrazione ha in corso fruttuose collaborazioni:

  • la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia - Dott. Giuseppe Andreassi,

  • il Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento - Prof. Aldo Siciliano, Direttore del Dipartimento e Prof.ssa Anna Maria Bietti Sestieri, docente di Protostoria Europea;

  • l’Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali del Consiglio Nazionale delle Ricerche – C.N.R.-I.B.A.M. - Prof. Francesco D’Andria, Direttore dell’Istituto.

  • La buona riuscita del progetto in parola consentirà di elevare altamente l’offerta culturale di una realtà a forte vocazione turistica, quale è quella di Ugento, e di apportare sviluppo socio – economico – culturale non solo nel territorio amministrato ma anche in quello provinciale e regionale.

Fonte: "Città di Ugento - Assessorato alla Cultura"

Etichette:

11 luglio 2008

Turchia. Un ponte con l'Egeo

Le indagini condotte dall'IRERP (Izmir Region Excavations and Research Project) a Liman Tepe, Bakla Tepe, çesme-Baglararasi e Panaztepe, intorno al golfo di Izmir (Smirne), arricchiscono la conoscenza della preistoria dell'Anatolia occidentale. Liman Tepe è il sito chiave nel progetto di ricerca dell'IRERP. L'insediamento si trova nel distretto di Urla, ed è oggetto di indagini dal 1992. La sua frequentazione ebbe inizio in età calcolitica e si protrasse fino alla tarda età del Bronzo, per poi continuare, in epoca classica, quando l'abitato si trasformò nella città di Clazomenai. Gli scavi hanno restituito informazioni di grande importanza, soprattutto per quanto riguarda le caratteristiche dell'insediamento dell'età del Bronzo Antico. Agli inizi di quell'epoca Liman Tepe fu munita di un poderoso sistema difensivo: ne sono prova la porta monumentale e i due bastioni rettangolari riportati alla luce. Lo scavo sistematico di alcune file di "case lunghe" adiacenti alla fortificazione ha restituito reperti di notevole interesse, databili al periodo 1 dell'età del Bronzo Antico. All'interno delle case vi erano, fra gli altri, materiali di importazione - come le salsiere "cicladiche", ceramica dipinta e ceramica decorata a stampo - , che attestano gli stretti contatti tra Liman Tepe e l'Egeo occidentale di questo periodo. Da qui provengono anche gioielli in oro, vari reperti in metallo e fibre intessute che provano la ricchezza raggiunta dal sito e danno un'idea delle attività produttive praticate al suo interno. Bakla Tepe, un altro dei siti indagati dall'IRERP, si trova nella piana di Cumaovasi e, per le vie di fondovalle, ha accesso diretto sia alla regione egea, sia all'Anatolia centrale. Gli scavi hanno permesso di accertare fasi di frequentazione databili al tardo Calcolitico, alle fasi 1 e 2 dell'età del Bronzo Antico e all'età del Bronzo Tardo. Al tardo Calcolitico appartengono quattro livelli architettonici che comprendono case absidate, rettangolari e circolari. Nell'erà del Bronzo Antico 1 l'insediamento ha le caratteristiche di un sito fortificato, con case lunghe a pianta rettangolare disposte secondo un piano radiale (del diametro di 90 m). L'insediamento dell'età del Bronzo Antico 2 si compone di poche strutture a pianta rettangolare, situate sul versante orientale della collina. Nei paraggi è stata localizzata una necropoli composta da deposizioni all'interno di pithoi. Alcune tombe accoglievano deposizioni multiple e hanno restituito corredi funebri di pregio, comprendenti ceramica, armi in metallo e gioielli databili all'età del Bronzo Antico 2. Di particolare rilevanza è il fatto che in alcune tombe è stata osservata la contemporanea presenza di vasellame dell'Anatolia centrale ed Egeo. Bakla Tepe doveva con ogni probabilità essere un importante centro di produzione di manufatti in metallo dell'intera regione egea: ne sono prova i ricchi nuclei in metalli, gli oggetti, gli utensili per la metallurgia databili al tardo Calcolitico e all'età del Bronzo Antico. Ai due interventi fin qui descritti, si è aggiunta l'esplorazione del sito di çesme-Baglararasi. Si tratta di una città portuale, localizzata nel centro della moderna çesme, 75 km circa a sud di Izmir. Gli scavi hanno finora provato la presenza di abitazioni riferibili all'età del Bronzo Antico, Medio e Tardo. Nell'ambito dell'insediamento dell'età del Bronzo Medio sono stati distinti due livelli: il più antico, il livello 2, si distingue in due fasi (2a e 2b), nelle quali il sito appare ben organizzato, con case suddivise in gruppi separati da strade. L'architettura degli edifici è caratterizzata dall'impiego di murature con fondazioni in pietra e alzati in mattoni crudi. Le superfici murarie erano rivestite con intonaco di colore bianco. Accanto alle strutture domestiche vi sono impianti di tipo industriale. Una costruzione denominata la "casa del vino" era utilizzata come laboratorio per la produzione appunto di vino: l'ambiente principale della struttura era provvisto di un impianto per la spremitura dei grappoli e per separare il succo dai residui. Alle spalle di questa sorta di torchio c'erano tre stanze sotterranee nelle quali venivano immagazzinati l'uva, il vino e il vasellame utlizzato per trasportare e bere la bevanda. Si tratta di uno dei più antichi esempi di strutture del genere a oggi noti. La maggior parte della ceramica che permette la datazione di questo livello mostra caratteri locali con notevoli affinità con la produzione dell'Anatolia centrale. In piccola quantità, è stata trovata anche ceramica "minoica", che potrebbe essere collegata a produzioni simili, databili al Medio Minoico III. L'architettura del primo livello è gravemente danneggiata e la presenza di questa fase può essere attestata soprattutto dai pozzi scavati nei livelli più antichi. In questo primo livello c'è un rapporto proporzionale più elevato di ceramica importata. Sono stati trovati vasi di tipo cretese minoico e cicladico "minoicizzante", insieme a manufatti locali di produzione anatolica occidentale. La ceramica importata suggerisce che il primo livello di çesme-Baglararasi fosse coevo del periodo Tardo Minoico 1A di Creta. La regione ebbe un ruolo di ponte, forse fu un mercato comune fra l'Anatolia e l'Egeo e divenne una delle rotte più importanti nel trasferimento e nella diffusione di beni, idee e tecnologie fra queste regioni culturalmente differenti.

Fonte: "Archeo" - Autori: Hayat Erkanal, Vasif Sahoglu

Etichette:

08 luglio 2008

La Lupa e la Sfinge. Roma e l’Egitto dalla storia al mito

imageLA MOSTRA

Quale città oltre Roma ha un rapporto così intenso e secolare con l’Egitto? In quale altro luogo troviamo così tanti obelischi? Sul Campidoglio il “Tevere” e il “Nilo” uniscono nel mito le due lontane sponde, come nei versi di un poeta dell’Arcadia, e i leoni egizi accolgono i visitatori alla base della lunga scalinata. Nel rione Campo Marzio, dove ora sorgono i palazzi del Governo, il sottosuolo è disseminato di reperti del tempio di Iside e poco più in là, verso le pendici del Quirinale, si trova il Serapeo. Tutta la cultura romana porta il segno di questa indelebile influenza. Nel Santuario della Fortuna a Palestrina risplende il grande mosaico del Nilo, realizzato da artigiani alessandrini. A Tivoli, nella Villa di Adriano, l’imperatore ricostruì un braccio del delta del Nilo, il famoso Canopo, luogo di svaghi e delizie della corte ellenistica. E la Meta Romuli divenne nel Medioevo uno dei simboli della città della Lupa, così come la Piramide Cestia lo fu dal Seicento. Il Rinascimento si innamorò degli antichi profeti, di Ermete Trismegisto, degli incomprensibili segni geroglifici. I Borgia vollero la storia del bue Api dipinta nelle loro Sale in Vaticano. Raffaello utilizzò le sembianze di Artemide Efesia (ritenendola Iside) per decorare la volta della Stanza della Segnatura. A Roma rinacquero gli studi sulla religione e sui riti misterici e le vie dei pellegrini furono segnate dall’alta mole degli obelischi.

Fu un amore di straordinaria durata. Nel Seicento Bernini innalzò la Fontana dei Fiumi, epitome della Roma Triumphans, e Athanasius Kircher, il genio gesuita, dedicò molti volumi alla civiltà nilotica. Nel secolo successivo le ombre si allungarono, mentre di giorno si parlava di Luce e di Ragione, di notte gli altri lumi svolgevano i loro riti misterici, le loro cerimonie di iniziazione.

A Roma, se da un lato si faceva arrestare Cagliostro, il fondatore della massoneria egiziaca, dall’altro si cercavano oggetti e decoratori per le stanze del principe Borghese. Perfino un cardinale, il Borgia di Velletri, nella cui casa passava il fior fiore della massoneria europea, cedette al fascino enigmatico dell’ermetismo e collezionò oggetti falsi e veri per il suo enciclopedico museo.

Una passione intensa per l’Egitto attraversò tutto il Settecento. Stregò gli americani che vollero una piramide sul dollaro e i francesi che in seguito svelarono il mistero dei geroglifici. Roma si era ormai ritirata in un modesto tran tran ai margini meridionali dell’Europa, i miti faraonici, con la crisi finanziaria, sembravano ormai sogni di un glorioso passato.

Le opere esposte documentano, con qualche straordinaria eccezione, l’ampio arco cronologico che va dal I secolo a.C. sino alla Età dei Lumi, durante il quale l’Egitto da “storia” diventa mito e da “Egittomania” si trasforma in “Egittofilia”.

Scheda informativa

Titolo: "La Lupa e la Sfinge. Roma e l’Egitto dalla storia al mito"

Sede: Roma - Museo Nazionale di Castel Sant’ Angelo              Lungotevere Castello, 50 00186 - Roma

Periodo: 11 luglio – 9 novembre 2008

Promotore:  Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Roma

Organizzazione e promozione: CIVITA

Con la collaborazione di: Regione Lazio - Ericsson

Servizi Museali: Gebart

Informazioni e prenotazioni: www.ticketeria.it; 199757511

Orario della Mostra: Dal martedì alla domenica 9.00 - 19.00         Lunedì chiuso. La biglietteria chiude alle 18.30.

Biglietti Integrato Mostra / Museo: Intero € 8.50 - Ridotto € 6.00

Catalogo: Electa

Ufficio stampa: Soprintendenza, Antonella Stancati, capo ufficio stampa, tel. 06 69994219; Anna Valerio, tel. 06 69994218 artirm.uffstampa@arti.beniculturali.it

Civita, Barbara Izzo tel. 06 692050220 cell. 348-8535647                     e-mail izzo@civita.it

Electa, Enrica Steffenini tel. 02 21563433                                         e-mail elestamp@mondadori.it

Etichette:

07 luglio 2008

Alla scoperta del sito archeologico di Castrum Inui - Venerdì 11 luglio 2008

Il grande sito archeologico Castrum Inui, alla foce del fiume Incastro, apre i cancelli ai visitatori in occasione della quarta edizione di 'Alla Scoperta di Castrum Inui', l'ormai tradizionale appuntamento annuale organizzato dall'editore di questo giornale, l'associazione Informare, con la prestigiosa supervisione scientifica del dr. Francesco Di Mario della soprintendenza per i beni archeologici del Lazio e la collaborazione del comitato di quartiere Nuova California. L'attesa visita guidata gratuita, in occasione della quale il dr Di Mario in persona ed il suo staff di archeologi illustreranno ai visitatori le bellezze del sito Castrum Inui, si svolgerà l'11 luglio alle ore 10. L'evento è stato inserito anche quest'anno nel programma della festa del quartiere Nuova California. Sarà una visita particolarmente interessante, sia perchè il sito archeologico è abitualmente chiuso al pubblico, e quindi si tratta di un avvenimento fuori dal comune, sia perchè sono gli stessi esperti e studiosi che stanno eseguendo gli scavi ed i restauri ad illustrare il frutto del loro lavoro ai visitatori; inoltre, rispetto allo scorso anno, l'estensione di Castrum Inui è aumentata ed innumerevoli sono state le grandi scoperte archeologiche che vi sono state effettuate.
Purtroppo non sarà possibile ammirare i reperti artistici rinvenuti, come le statue e le decorazioni architettoniche, tutti conservati nel museo di Nemi, tuttavia i visitatori potranno apprezzare la bellezza e la magnificenza di un'area sacra più antica di Roma, includente ben tre santuari e due altari per una forma di culto all'aperto non ancora identificata; potranno osservare l'imponenza dell'antica banchina portuale, la complessità e raffinatezza della struttura termale, con i numerosi mosaici perfettamente restaurati, e dei vari magazzini di servizio alle attività dell'approdo. Quest'anno l'organizzazione ha introdotto una interessante novità in via sperimentale.
All'interno del sito, un percorso artistico tenterà di creare un suggestivo e rispettoso connubio tra il prodotto artistico contemporaneo e l'arte antica di cui le rovine sono pregne. Esporranno una serie di loro opere scultoree gli artisti Liliana Bordoni e Massimiliano Savio, mentre il maestro d'arte Simonetta Oro eseguirà una dimostrazione pratica delle varie tecniche per la realizzazione di mosaici artistici. I progetti ed i disegni dell'architetto Romano Mastrel-la, relativi alla realizzazione di percorsi espositivi e museali, completeranno il quadro del possibile cammino verso la fruizione del prodotto artistico antico e contemporaneo.
Un appuntamento da non mancare per tutti gli appassionati di storia e di arte, a cui viene data la possibilità di entrare in questo luogo quasi magico, che ci riporta indietro nel tempo, in un periodo avvolto nel mistero, in cui Roma non era ancora una grande potenza, ed il nostro territorio era invece sede di una civiltà prestigiosa e raffinata, ma anche religiosa, mistica e multietnica. In questo luogo sorgeva, stando alle fonti letterarie, un insediamento portuale antichissimo, fondato, secondo la leggenda, da Latino Silvio, figlio di Ascanio e nipote di Enea, 1300 anni prima di Cristo, e a cui fu dato il nome di Castrum Inui in onore del dio Inuo (Priapo), protettore della fertilità della terra. Le indagini hanno confermato che questo luogo era sacro e importante, e che fu stabilmente abitato dall'VIII secolo a.C. fino al III-IV secolo d.C., quindi per centinaia di anni. L'obiettivo di queste visite è sia quello di condividere il privilegio di assistere agli scavi, sia quello di creare sensibilità per le bellezze che i nostri antenati ci hanno lasciato, l'affetto del pubblico è infatti la miglior garanzia di tutela dei siti archeologici.
Ricordiamo che, trattandosi di una visita in un cantiere archeologico, il percorso non è al momento adatto nè attrezzato per i bambini e per visitatori con disabilità motorie. Ogni visita dura circa 50 minuti e nel sito c'è da camminare parecchio. Tenetene conto per adeguare di conseguenza l'abbigliamento e le calzature.
L'appuntamento è dalle ore 9.30 alle ore 10 davanti al complesso 'Le Salzare'.
I visitatori entreranno in gruppi composti da un numero limitato di persone.

Fonte:"http://blog.aruba.it/user/castruminui/"          Autore: Silvia Matricardi, dossier informare n. 06/2008

Etichette:

04 luglio 2008

Agrigento. Festival del Cinema Archeologico

dal 8 al 12 luglio 2008

Programma:
- Martedì 8 luglio: Agrigento 
Giordania: Nel labirinto di roccia di Petra; Le radici della cultura Greca.

- Mercoledì 9 luglio:
Scultori della roccia; Il segreto della Mummia dei Ghiacci.

Giovedì 10 luglio: Mari: all'origine della città; Il Diluvio: Mito o Verità.

Venerdì 11 luglio: Viaggio dal centro della Terra: il Peru'; Gli ultimi re dei Maya .

Sabato 12 luglio: In serata proiezione del film: Ai confini della Cina: la cittadella nella sabbia . Nel corso della serata ci sarà l'Assegnazione del Premio Valle dei Templi al film più gradito al pubblico e del Premio Città di Agrigento al film scelto dalla giuria.

Info:

Parco Valle dei Templi - Casa Sanfilippo, 8 - 12 luglio 2008
tel. 0922621611

http://www.parcovalledeitempli.it

Etichette:

02 luglio 2008

Jean-Paul Thuillier: "Gli Etruschi. La prima civiltà italiana"

Molto prima della splendida stagione rinascimentale, ma anche prima dei fasti dell’impero romano, un’altra importante civiltà è fiorita sul suolo italico, quella etrusca.

Nel periodo della loro massima potenza (tra il 700 e il 450 a.C.), gli Etruschi hanno dominato quasi tutta la penisola: oltre all’Etruria propriamente detta, compresa tra l’Arno, il Tevere e il mar Tirreno, hanno occupato buona parte della Pianura Padana a nord e della Campania a sud. Inoltre, almeno tre re etruschi hanno regnato su Roma: Servio Tullio e i due Tarquini, originari, come dice il loro nome, di Tarquinia, la città celebre oggi per le pitture tombali.cover-etruschi

I problemi legati alla loro origine e alla loro lingua hanno a lungo alimentato il cosiddetto «mistero» etrusco, che, grazie agli studi e soprattutto agli scavi archeologici, si sta infine parzialmente chiarendo. Nessun altro popolo insediato nel nostro paese prima dei Romani ci ha del resto lasciato un numero così grande di iscrizioni, ha prodotto una simile quantità di opere d’arte, ha esercitato un’influenza tanto profonda sulle popolazioni vicine.

In questo volume Jean-Paul Thuillier ricostruisce, con ricchezza di dettagli e sulla base della più aggiornata letteratura scientifica, l’intera storia etrusca, dal periodo villanoviano a quello ellenistico, soffermandosi sulle vicende politiche e sull’economia, sull’arte, la religione, i costumi, facendo insomma rivivere per intero l’avvicente parabola di una civiltà durata secoli e che rappresenta una delle radici di quella europea.

-----------------------

L'autore

-----------------------

Jean-Paul Thuillier, storico francese specializzato nello studio della civiltà etrusca, dirige il Dipartimento di Scienze dell’Antichità presso l’École Normale Supérieure (Ulm) a Parigi. Fra le sue opere ricordiamo: Les Étrusques, la fin d’un mystère?, Les jeux athlétiques dans la civilisation étrusque, Le sport dans la Rome antique.

------------------

Il prologo

------------------

Il mistero dell’ottava laminetta

Il 10 ottobre del 1992, un uomo entrava nella stazione dei carabinieri di Camucia, una frazione di Cortona situata ai piedi di questa città che domina il lago Trasimeno di storica memoria, per dichiarare alle autorità il ritrovamento di sette laminette di bronzo. Quel modesto operaio apriva così un nuovo capitolo nella storia dell’etruscologia, poiché su quei frammenti bronzei (che facevano parte di un unico pezzo) era tracciata, in una grafia bella e regolare, un’iscrizione in lingua etrusca: la cosa non deve sorprendere, se si pensa che Cortona era stata una delle più grandi città dell’Etruria indipendente e aveva svolto un ruolo decisivo nella riscoperta degli Etruschi in epoca moderna.

A Cortona fu infatti fondata, nel 1727, un’Accademia Etrusca assai attiva, la quale annoverava tra i suoi membri per corrispondenza personaggi come Montesquieu e Voltaire; i turisti visitano ancora oggi il Museo a essa dedicato, il quale vanta, tra l’altro, un grande lampadario di bronzo riccamente decorato, fabbricato nel V secolo e lievemente ritoccato in epoche successive.

La scoperta delle sette laminette ha dato una delusione a quanti sono abituati a parlare di «mistero» etrusco. Sorvoliamo sulle circostanze del ritrovamento, su cui è difficile sbagliare: l’operaio affermava di aver scoperto per caso i frammenti dell’iscrizione all’interno del cantiere in cui stava lavorando; tuttavia, più verosimilmente, si trattava del bottino di uno dei numerosi tombaroli, vero flagello dei siti archeologici italiani – in particolare etruschi –; senza dubbio, in questo caso si era pensato che la ricompensa ottenuta grazie a un’onesta dichiarazione fosse preferibile alle incognite di una vendita sul mercato internazionale – peraltro assai fiorente – dei reperti archeologici. Sorprende, invece, che sia intercorso tanto tempo tra la consegna delle laminette alla polizia e, successivamente, ai responsabili della Soprintendenza archeologica di Firenze, e la presentazione ufficiale dell’iscrizione al mondo accademico, presso il quale si erano già diffuse voci al riguardo, nonché infine, al grande pubblico. Infatti, il documento, conosciuto ormai con il nome di Tabula Cortonensis o Tavola di Cortona – a somiglianza, per esempio, della Tavola Claudiana, la magnifica iscrizione latina scolpita su una lamina di bronzo trovata a Lione nel XVI secolo – è stato reso noto soltanto una decina d’anni dopo il suo ritrovamento. Certamente, una simile pubblicazione scientifica esige un lungo studio e ricerche pazienti; tuttavia, la ragione ufficiale del ritardo veniva attribuita al fatto che la segretezza avrebbe permesso di ritrovare più facilmente l’ottavo frammento, per la verità mai rinvenuto: va detto, comunque, che si tratta di una lacuna di poca importanza, che non pare nuocere seriamente alla comprensione dell’iscrizione, presentata alla fine del 2000 alla grande mostra «Gli Etruschi» organizzata a Venezia, a Palazzo Grassi, e successivamente nella stessa Cortona. La Tabula si può ora ammirare presso il già citato Museo dell’Accademia Etrusca, accanto al famoso lampadario e a notevoli statuette di divinità, bronzee anch’esse.

In ogni caso, ci troviamo di fronte al terzo testo etrusco per lunghezza (40 righe: 32 sul lato A e 8 sul lato B, per un totale di 206 parole); comunque, le ombre che hanno circondato il suo ritrovamento prima che fosse reso noto e presentato al pubblico non fanno passare in secondo piano le circostanze davvero avventurose della scoperta della più lunga iscrizione che ci sia pervenuta: la Mummia di Zagabria (1200 parole). Questo singolare nome accenna infatti a un vero e proprio racconto di mummie in stile ottocentesco: un aristocratico croato, di ritorno da un viaggio in Egitto, si accorge che le bende della mummia che ha recato con sé per ricordo (come succedeva regolarmente nel XIX secolo: i musei d’Europa sono pieni di questi «souvenir» turistici) erano ricoperte di una fitta scrittura, per lo più in inchiostro nero. Si dovrà attendere la fine del secolo per accorgersi che il testo non è in egiziano o in un’altra lingua orientale o semitica, ma in etrusco: si tratta infatti di un calendario rituale, di cui più avanti cercheremo di ricostruire la strana avventura. Dello stesso tenore è la seconda più lunga iscrizione etrusca in nostro possesso, la Tavola di Capua, a lungo conosciuta nella letteratura archeologica come Tegola di Capua, perché il testo è effettivamente inciso su di una grossa terracotta rettangolare a forma di tegola piatta provvista di un bordo: sono ancora leggibili circa 300 parole, vergate in una scrittura assai meno regolare di quella che caratterizza le due epigrafi precedentemente citate.

La Tavola di Cortona (delle dimensioni di 45x30 cm circa), interamente incisa sul lato A e soltanto sulla parte superiore del lato B, è invece stata interpretata dai primi curatori come un testo di natura giuridica: ciò la renderebbe particolarmente interessante, se si pensa che la maggior parte dei documenti epigrafici etruschi in nostro possesso è di carattere religioso – né la cosa deve stupire, dal momento che, come vedremo, già nell’Antichità gli Etruschi avevano fama di essere «i più religiosi tra gli uomini».

Secondo L. Agostiniani e F. Nicosia, ai quali si deve la prima, ottima edizione del documento cortonese, datato attorno al 200 prima della nostra era, sarebbe una sorta di contratto concernente la vendita o l’affitto di terreni, tra cui figurano forse dei vigneti; tra i passi immediatamente comprensibili troviamo, per esempio, l’espressione cen zic zichuche, che significa «questo testo è stato scritto…» e che è perfettamente naturale in un documento giuridico di tal genere. Parimenti, le cifre, piuttosto numerose nel testo, parrebbero riferirsi a misure di superficie o a somme in denaro. I venditori appartengono a ricche famiglie della regione di Cortona: tra queste spiccano i Cu?u , il cui nome compare in altre iscrizioni e le cui tombe aristocratiche sono state identificate. I compratori (o i fittavoli) sono in gran numero e, manifestamente, di condizione più modesta. Sulla Tavola appare una terza serie di cognomi, nei quali si sono voluti riconoscere i garanti della transazione: tra costoro vi sarebbero alcuni magistrati e, soprattutto, uno zilath mechl rasnal (riga 24), a lungo ritenuto il magistrato supremo della Lega Etrusca, ma che potrebbe essere soltanto l’autorità suprema della città di Cortona.

Sul lato B, si legge (forse) la parola tarsminas, che, secondo i succitati esperti, potrebbe designare il Trasimeno e riferirsi, quindi, a terreni situati nella pianura circostante il lago, cioè, come abbiamo visto, ai piedi di Cortona stessa.

L’inizio dell’iscrizione incisa sul retro è una formula di datazione che rispecchia in pieno le consuetudini romane; vi si legge infatti zilci larthal cusus titinal larisalc salinis aulesla che si traduce: «Sotto la magistratura (zil-ci ricorda lo zil-ath già citato) di Larth Cu?u figlio di Titinei (sua madre) e di Lari? ?alini figlio di Aule». Se si eccettua il matronimico, che comunque è un segno dello status sociale elevato di cui godevano le donne nella società etrusca, ritroviamo qui, con i due magistrati eponimi, il costume romano di ricordare gli anni sulla base dei nomi dei consoli in carica: per esempio, il 63 avanti l’èra volgare fu l’anno del consolato di Cicerone e Antonio (in latino, M. Tullio C. Antonio consulibus). Occorre ripetere che queste considerazioni non sono altro che ipotesi, per quanto, va detto, piuttosto convincenti: per dare un’idea di quanto grandi siano ancora le nostre incertezze, basti dire che, poco dopo la pubblicazione del documento, è apparso un lungo articolo firmato da uno dei massimi esperti di lingua etrusca, Carlo de Simone, che vedeva nella Tavola di Cortona un testo… religioso, proprio così: la descrizione di una cerimonia funebre (in latino, una parentatio) organizzata da una vera e propria confraternita familiare. In quella nuova lettura, colava a picco, se così si può dire, anche il Trasimeno. Decisivo per l’interpretazione sarebbe conoscere il luogo di provenienza della lamina bronzea, per la verità assai ben conservata, pur se spezzata in diversi frammenti; si trovava originalmente in un edificio pubblico, ufficiale, o era collocata in una tomba gentilizia, dunque privata? Ci si interroga anche sugli altri oggetti metallici consegnati insieme alla Tavola dal loro «scopritore»: vengono davvero dallo stesso luogo? Come si vede, le domande sono più numerose delle risposte, e il lavoro che attende gli etruscologi è ancora lungo.

-----------------------

EDIZIONI LINDAU

Corso Re Umberto 37

10128 Torino

tel. +39 011 517 53 24

www.lindau.it

Etichette: