ARCHEOBLOG

Giornale archeologico e culturale costantemente aggiornato con le ultime notizie e gli ultimi approfondimenti storico-archeologici



25 giugno 2007

96 pezzi archeologici del IV-II millennio a.C. tornano in Pakistan


"L'Italia e' capofila mondiale nella lotta al traffico di arte rubata e gesti come quello di oggi, al di la' del loro valore simbolico, danno ulteriore forza morale e ancora piu' credibilita' al nostro impegno, teso ad ottenere la restituzione al nostro Paese di tutti gli oggetti del nostro patrimonio artistico illegalmente finiti all'estero".

Così il ministro Francesco Rutelli ha commentato oggi la consegna alla Repubblica Islamica del Pakistan, nella persona dell'ambasciatore Mirza Qamar Beg, di 96 reperti archeologici di età compresa tra il IV e il II millennio avanti Cristo, avvenuta oggi al Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

I reperti (38 ciotole, 8 vasi, 34 figurine di Zebù, un calice, 6 piatti, 2 strumenti musicali, una figurina "Ariete", un simbolo fallico "Linga" e 5 monete) erano parte di un gruppo di 310 entrati clandestinamente in Italia dalla Thailandia come "merce etnica", ha spiegato il Comandante dei Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale, generale Giovanni Nistri, nel corso della conferenza stampa successiva alla cerimonia di consegna.

Gli oggetti erano stati sequestrati nel 2005 nel corso di una manifestazione fieristica in Lombardia.

Considerate la tipologia, il disegno e la lavorazione dei reperti individuati, è stato richiesto l’intervento degli esperti del Museo Nazionale d’Arte Orientale di Roma, che ne hanno individuato subito l’alta qualità, costituendo poi una commissione apposita. Dopo un attento esame e studio, la commissione si è espressa dichiarando che si trattava di “oggetti autentici, in ottimo stato di conservazione e tutti estremamente interessanti, sia per l’alta qualità della loro fattura che per la loro antichità e anche per il fatto che sono documentazione di culture ancora poco conosciute”.

In particolare i 96 reperti provenienti dall’area pakistana sono riferibili alcuni alla cultura NAL del Beluchistan meridionale (Iran sud-orientale e Pakistan sud occidentale 3300-2500 a.C.); altri alla fase Kulli della stessa regione (2500 – 1800 a.C.); altri ancora ad alcune culture sviluppatesi nella valle dell’Indo a cavallo fra il IV e il III millennio a.C. (culture AMRI e di ANJIRA); alla Civiltà dell’Indo (2600 – 1900 a.C.) si possono invece attribuire le numerose figurine di zebù in terracotta dipinta e i due strumenti musicali .

I rimanenti reperti saranno restituiti non appena saranno completate le procedure di identificazione dei singoli pezzi nei confronti dei rispettivi paesi di origine.

Fonte: "MiBac - Ministero per i Beni e le Attività Culturali"- 25/06/2007

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24 giugno 2007

Il sito archeologico di Castrum Inui apre ai visitatori


Venerdi 6 luglio alle ore 10, si svolgerà l'attesa visita guidata gratuita nel sito archeologico più importante del litorale.

Il grande sito archeologico Castrum Inui, alla foce dell'Incastro, apre i cancelli ai visitatori, in occasione della terza edizione di 'Alla Scoperta di Castrum Inui', l'ormai tradizionale appuntamento annuale organizzato dall'editore di questo giornale, l'associazione Informare, con la prestigiosa supervisione scientifica del dr Francesco Di Mario della soprintendenza per i beni archeologici del Lazio e la cooperazione del comitato di quartiere Nuova California. L'attesa visita guidata gratuita, in occasione della quale il dr Di Mario in persona ed il suo staff di archeologi illustreranno ai visitatori le bellezze del sito Castrum Inui, si svolgerà il 6 luglio alle ore 10. L'evento è stato inserito anche quest'anno nel programma della festa del quartiere Nuova California. Sarà una visita particolarmente interessante, sia perchè il sito archeologico è abitualmente chiuso al pubblico, e quindi si tratta di un avvenimento fuori dal comune, sia perchè sono gli stessi esperti e studiosi che stanno eseguendo gli scavi ed i restauri ad illustrare le loro scoperte ai visitatori; inoltre, rispetto allo scorso anno, l'estensione di Castrum Inui è praticamente raddoppiata... Un appuntamento da non mancare per tutti gli appassionati di storia, a cui viene data la possibilità di entrare in questo luogo quasi magico, che ci riporta indietro nel tempo, in un periodo ancora poco noto, in cui Roma non era ancora una grande potenza, ed il nostro territorio era invece sede di una civiltà prestigiosa e raffinata, ma anche religiosa, mistica e multietnica. In questo luogo sorgeva, secondo le fonti letterarie, un insediamento portuale antichissimo, fondato, secondo la leggenda, da Latino Silvio, figlio di Ascanio e nipote di Enea, 1300 anni prima di Cristo, e a cui fu dato il nome di Castrum Inui, in onore del dio Inuo (Priapo), protettore della fertilità della terra. Le indagini hanno confermato che questo luogo era sacro e importante, e che fu stabilmente abitato dall'VIII secolo a.C. fino al III-IV secolo d.C., quindi per centinaia di anni. L'obiettivo di queste visite è sia quello di condividere il privilegio di assistere agli scavi e sia quello di creare sensibilità per le bellezze che i nostri antenati ci hanno lasciato, l'affetto del pubblico è infatti la miglior garanzia di tutela dei siti archeologici. Ricordiamo che, trattandosi di una visita in un cantiere archeologico il percorso non è al momento nè adatto nè attrezzato per i bambini e per visitatori con disabilità motorie. Ogni visita dura dai 30 ai 50 minuti e nel sito c'è da camminare parecchio. Tenetene conto per adeguare di conseguenza abbigliamento e calzature.

L'appuntamento è dalle 9.30 alle 10 davanti al complesso 'Le Salzare'. I visitatori entreranno in gruppi composti da un numero limitato di persone.

Sul fronte degli scavi, gli archeologi sono attualmente impegnati nell'analisi dei reperti rinvenuti e nella contestualizzazione delle strutture, per comprendere, cioè, come il tempio era inserito nell'insieme architettonico del quale faceva parte nella sua fase vitale.

Fonte: "http://blog.aruba.it/user/castruminui/" - 15/06/2007 - Autore: Silvia Matricardi

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21 giugno 2007

Enrico Giannichedda: "Archeologia teorica"


L'archeologia è una disciplina pratica, ma ciò non toglie che quanto gli archeologi fanno dipende da ciò che pensano.
Sono infatti le idee e le teorie relative alla vita dell'uomo, allo sviluppo sociale, alla concezione della storia a condizionarne il lavoro.
Oltre a studiare quanto elaborato in passato, l'archeologia teorica si caratterizza per il dibattere, anche animatamente, del presente della disciplina e di quale potrà esserne il futuro.
Il libro, accanto a questi temi, affronta il rapporto pratica-teoria, ed evidenzia i forti legami che l'archeologia intrattiene con la storia e l'antropologia.

Introduzione
"La storia dell'archeologia dall'antichità ai giorni nostri
non è la storia indefinita del progresso delle conoscenze,
bensì un mare agitato da onde tumultuose, che lasciano
sulla sabbia conchiglie che altre onde riportano lontano."
Schnapp, 1994, p. 33

"Non possiamo sguazzare per sempre in ciò che si può
pensare; la scienza si occupa di ciò che si può fare."
Gould, 1997, p. 106

L'archeologia è una disciplina estremamente pratica che si caratterizza per studiare oggetti concreti a scopo di ricostruzione storica. Essa, apparentemente, necessita solo di un metodo per far parlare oggetti altrimenti muti: un metodo che eviti errori grossolani, come attribuire un manufatto a un periodo anziché a un altro, o sbagliare sul modo in cui fu prodotto, sulla provenienza, sull'uso che di quell'oggetto poteva essere fatto. Il reperto archeologico, si sa, può parlare.
Spesso lo si considera una fonte diretta giunta fino a noi dal passato. Se però si lascia da parte l'autocelebrazione del proprio mestiere, la realtà è ben diversa. Ogni archeologo, nel chiuso del magazzino dei reperti, sa che non udrà alcuna voce levarsi dalle cassette impolverate.
I reperti tacciono. I metodi, compresi quelli mutuati dalle discipline scientifiche, se ben impiegati risolvono questioni specifiche, forniscono dati, ma da soli non conducono mai alla ricostruzione del passato.
Questa resta da farsi. E il compito, è inutile negarlo, se non ingrato, è certamente gravoso.
I manufatti, e più in generale tutti i reperti, vanno forzati a essere parte di una storia avente per protagonisti gli uomini e il loro vivere in società.
Inevitabilmente l'archeologo ne sarà il regista: attribuisce le parti ai vari interpreti, organizza una trama, suggerisce un finale e, talvolta, una morale. Per fare questo, se non un copione già scritto, serve almeno un canovaccio o un'idea. Senza idee non si fa storia (e non si girano film). Per fortuna tutti hanno qualche idea in testa o, come minimo, sanno dove copiarla; gli archeologi da sempre, e oggi non meno che in passato, hanno attinto alle fonti scritte con trame che giocano ora a confermarne le ricostruzioni, ora a porle in discussione.
La concretissima archeologia segue così percorsi segnati da altri nel solco della tradizione scritta. Spesso neppure si è consci di copiare; gli archeologi, essendo stati bravi liceali, conoscono le fonti, e quindi, in maniera piana e senza sussulti, ne ricavano schemi collaudati che è sconsigliato abbandonare.
Nello studio della preistoria, per l'assenza di fonti storiche coeve, altre trame utili a organizzare i reperti sono invece ricavate da fonti posteriori, ipotizzando una qualche continuità storica, o dall'etnologia descrittiva dei popoli "primitivi" attuali.
Caso particolare, ma non infrequente, è quello di chi decide di non provare neppure a raccontare una storia con i propri reperti. Spesso il motivo è che gli stessi sono davvero poverissimi o comunque inadeguati; al massimo si può organizzarli per un futuro utilizzo in qualche opera basata su un maggior numero di dati.
L'archeologo in questo caso non si fa regista, ma si limita a organizzare una specie di scuola di recitazione da cui altri potranno attingere.
Talvolta i mezzi per un buon film sembrano invece esserci e la storia che non viene è allora conseguenza non della paura del palcoscenico, ma del non sapere che cosa fare con i dati che si sono raccolti.
Nell'industria cinematografica un simile individuo privo di idee, ovviamente, non potrebbe mai diventare regista e il produttore, colui che paga e pretende un risultato, lo destinerebbe più utilmente, e non a caso, a trovarobe.
L'archeologia, come si è detto, è questo: lo studio di oggetti materiali a scopo di ricostruzione storica, qualunque siano gli oggetti e qualsiasi cosa si intenda per ricostruzione storica, ma purché esista il problema di porre in relazione le osservazioni condotte nel presente con il passato che si cerca. Proprio per fare questo, dietro la concretezza dei materiali e la varietà dei metodi, si cela sempre un'idea che contraddistingue chi li cerca, li organizza, li utilizza.
Idea originale o copiata, aperta o fissa, tradizionale o trasgressiva, talvolta mutevole o confusa,ma che inevitabilmente concerne la vita dell'uomo, la storia della società, la concezione del passato, il posto che si ritiene giusto per sé e per gli altri.
Sono queste idee che portano a ricostruire una data storia anziché un'altra, a valorizzare ciò che è funzionale al proprio disegno, ad adottare i metodi più utili allo scopo.
In più occasioni, nel corso del presente lavoro, si vedrà come le idee degli archeologi facciano ricostruire un certo passato anziché un altro: per dirne una, il creazionismo basato sul racconto biblico, ma anche, parimenti insostenibile, l'archeologia razzista e coloniale che negava le capacità intellettive dei nativi americani e africani.
Talvolta, a distanza di tempo, certe idee possono sembrare talmente incredibili da far dubitare della serietà di chi le sosteneva, ma così facendo, non collocandole nel proprio ambiente, si farebbe un torto a molti studiosi che hanno contribuito a ciò che è oggi l'archeologia.
Si perderebbe così quel che più conta: l'opportunità di interrogarsi, alla luce di siffatta esperienza, sul modo in cui quelle idee hanno costruito le fonti che si dicono oggettive, su ciò che influenza l'attuale sentire, su quanto reggeranno alla prova del tempo le convinzioni odierne, sull'essere, l'archeologia, un corpo unico in cui teoria e pratica sono inestricabilmente avvinghiate.

Idee, teorie, fatti
Le teorie altro non sono che insiemi di idee strutturate in modo coerente al fine di riconoscere, spiegare, interpretare, talvolta anche prevedere, fatti.
Questi, come ben sapeva Newton colpito dalla caduta di una mela, esistono indipendentemente dalle teorie e, solo per questo motivo, spesso appaiono essere più sicuri e attendibili.
Le persone quasi sempre apprezzano la concretezza, il fare anziché il pensare ed è evidente, ad esempio, il diverso valore di affermazioni d'uso frequente come "è un dato di fatto", "trattasi di una teoria". Il sicuro verificarsi di un evento (fatto) da solo non è però sufficiente per avere una qualche corretta conoscenza della natura del medesimo; se più persone assistono a un incidente si avranno ad esempio varie descrizioni e diverse interpretazioni delle cause; se in agosto il primo giorno di ferie piove (fatto) non si rinuncerà per questo alle vacanze e si confiderà in una teoria che prevede "probabile" bel tempo.
Del resto, solo la scoperta della teoria gravitazionale chiarì a Newton il motivo per cui le mele, similmente a ogni altro materiale, cadono.
Nella testa dei Sapiens, la registrazione dei fatti avvenuti e le idee che li spiegano stanno insieme da epoche imprecisate e di gran lunga precedenti all'invenzione di una teoria storiografica.
Essa ha comunque il medesimo scopo delle osservazioni più elementari: ordinare i fatti di cui si ha memoria rendendoli comprensibili ed evitando di essere schiacciati da una realtà altrimenti non conoscibile tanto è complessa.
Dato un ordine alle idee, ogni nuovo fatto potrà arricchire la casistica e migliorare la teoria confermandola, modificandola, contribuendo a costruirne una nuova.
Tra fatti e teorie non ci sono vie di mezzo.
Peggio della teoria c'è però l'ipotesi fine a se stessa, la congettura, la credenza e, distanziata, la balla più o meno clamorosa.
Argomentazioni discutibili e controverse, come sono molte teorie, ma che, diversamente da queste, non contribuiscono al progresso delle conoscenze perché, se anche contengono del vero, non sono strutturate logicamente al fine di spiegare i fatti e non è quindi possibile porle in discussione.


Indice
Introduzione.

1.Una teoria per la pratica
Contro gli specialisti.
Teoria, metodologia e pratica della ricerca.
Al mercato delle idee.
Teoria e storia dell'archeologia.
Teoria e preistoria.
Teoria e presente.
Archeologia e scienza.
Punti fermi.
Per riassumere...

2.La nascita di una disciplina.
Le verità rivelate.
La premessa illuminista.
Il paradigma delle tre età.
La geologia attualista e stratigrafica.
L'evoluzione naturale.
La storia è di classe.
L'evoluzione sociale.
Le spiegazioni del cambiamento.
Per riassumere...

3.Consolidamento e tradizione.
Archeologia e storia dell'arte.
Arte e società.
Il concetto di cultura archeologica.
Per riassumere...

4.Scetticismo e scoperta del tempo.
Un paradigma inespresso.
Nuove idee marxiste ed evoluzioniste.
La sostanza del passato.
La scoperta del tempo: il C14.
I tempi della storia.
Per riassumere...

5.La New Archaeology.
Un'archeologia ottimista.
Scienza e legge.
Cultura come adattamento.
Teorie di medio raggio.
Archeologia dei sistemi.
Archeologia analitica.
Behavioral Archaeology.
Il materialismo culturale.
Per riassumere...

6.L'archeologia postprocessuale e contestuale.
Un'archeologia contro.
Contesto e cultura materiale.
L'individuo attivo.
Stile e significato.
Precursori illustri.
Gli sviluppi più recenti.
Gender Archaeology.
Lo strutturalismo.
Per riassumere...

7.La ricomposizione del conflitto.
Un futuro pluriverso.
Uomo, tecnica, arte.
Archeologia cognitiva.
Cacciatori e detective.
La cultura materiale.
Per riassumere...

Bibliografia.

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19 giugno 2007

Terrasini (Pa). Le vie del mare – mostra itinerante

dal 18 giugno al 5 luglio 2007

Una rete internazionale che racchiuda nelle sue maglie i tesori più affascinanti, i racconti del mare, la simbologia delle decorazioni delle barche, la tradizione di un popolo che vive bagnando la sua storia nel Mar Mediterraneo.

Un progetto imponente perché la rete dei musei legati a questo Mare vuole cogliere il costante mutamento e la crescita dei popoli che hanno costruito grandi civiltà. Una rete che lascia intravedere reperti archeologici (il rostro di Levanzo, unico esemplare datato III a.C. e appartenente con molta probabilità alla flotta romana che vinse la battaglia delle Egadi contro i Cartaginesi il 10 marzo del 241 a.C.; reperti storico artistici che ci dimostrano come l’uomo raccogliendo dal mare i suoi tesori ha creato oggetti di inestimabile valore come calici di corallo,e ancora tracce di imbarcazioni greche, romane, soltanto per citare qualche esempio), e ancora le immagini apotropaiche per scongiurare i pericoli del mare, le prime forme di pianificazione per intraprendere il “viaggio” attraverso l’uso di carte nautiche riportanti rudimentali informazioni, così come sono illustrate informazioni di carattere geo paleontologico sulle profondità marine, sulle correnti, sulle coste, una raccolta diacronica di portolani che scorrono offrendo al visitatore un informazione esaustiva.

Sono soltanto poche informazioni inerenti alcune delle quattro sezioni che hanno dato vita a “Le vie del Mare”, mostra itinerante che da Terrasini (Palermo) snoderà le sue maglie nella profonda rete del Mare Mediterraneo.

Sarà infatti Palazzo d’Aumale, a Terrasini, il Museo Regionale di Storia Naturale e Mostra permanente del Carretto Siciliano, il capofila di un ampio e significativo progetto scientifico interculturale dedicato alla tutela valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale marino del Mare Mediterraneo e che trova la sua migliore chiave di lettura nella mostra itinerante “Le vie del mare”, fortemente voluta e curata da Valeria Patrizia Li Vigni Tusa direttore del Museo Regionale d’Aumale. Mostra che si inaugurerà il 18 giugno prossimo a Terrasini e che rimarrà allestita fino al 5 luglio.

La Mostra itinerante vede coinvolti oltre 50 musei internazionali e ben nove sedi internazionali saranno le mete della mostra che chiuderà tra un anno esatto il suo percorso: partendo da Terrasini, infatti, la Mostra sarà esposta all’Hellenic Maritime Museum del Pireo e a Marittime Museum di Creta, al Pormoski a Piran in Slovenia, al Museo Storico Navale Arsenale di Venezia, al Galata di Genova, al Museo Anton Dohrn Napoli, al Museu Maritim di Barcellona fino the Gibraltar Museum di Gibilterra passando per la Fondacìon Marq di Alicante e al Musèe de la Marine e de l’Economie di Marsiglia.

La Mostra – attraverso una inesauribile esposizione documentaria, delle oltre 50 Istituzioni museali che hanno aderito, e una sintesi virtuale della storia del Mediterraneo ( analizzato in chiave interdisciplinare sotto l’aspetto naturalistico, etnoantropologico, storico artistico e archeologico) – rappresenterà la Rete dei Musei del Mare, cioè la tangibile cooperazione europea concretizzatasi con questa iniziativa.

Il progetto nasce dall’esigenza di creare una rete di collegamenti istituzionali tra enti e musei che si occupano e preoccupano della ricerca, tutela e fruizione dell’immenso patrimonio culturale sottomarino e marino in generale. Da qui la necessità di un sistema di collegamenti stabili che permetta alle varie istituzioni del settore di dialogare e costruire linguaggi comuni avvalendosi di un sito web appositamente creato per l’avanzamento del progetto.

Un sistema di collegamento che dia la possibilità di omogeneizzare, a livello europeo l’offerta museografica per comunicare al meglio, a tutti i fruitori della mostra, con una lettura interdisciplinare il mare ed il suo rapporto con l’uomo attraverso la storia.

La storia e le storie del Mediterraneo sono state un tassello fondamentale della nostra cultura e laboratorio creativo di grandi civiltà. Tutte le grandi spedizioni che portarono alla conoscenza ed al successivo sfruttamento e popolamento ad Oriente e ad Occidente del Mediterraneo si generarono proprio in questo grande bacino di genti e culture.

La valorizzazione e la conoscenza del rapporto tra le culture regionali ed il mare mediterraneo ci dimostra come mille sfaccettature sono presenti nei popoli che si affacciano sul mediterraneo, ma tutti con una matrice comune. Ed è dalla conoscenza del patrimonio conservato nei musei che possiamo cogliere queste differenze e collaborare al progetto di crescita e sviluppo comune coinvolgendo i cittadini nella tutela e valorizzazione del patrimonio culturale.
Il Mediterraneo rappresenta lo scrigno della memoria di quei popoli che in diverse epoche lo hanno attraversato lasciando tangibili testimonianze in un laboratorio creativo per la crescita di grandi civiltà – spiega Valeria Patrizia Li Vigni Tusa direttore del Museo Regionale di Storia Naturale e Mostra Permanente del Carretto -Palazzo d’Aumale - Ed è con questo spirito di cooperazione che abbiamo realizzato, con la collaborazione internazionale, un evento in grado di abbattere le distanze tra le molteplici realtà museali e gli enti di ricerca per approfondire le tematiche inerenti il mare. Un lessico comune dunque per un pubblico eterogeneo sempre più attento. L’avanzamento della ricerca scientifica, la salvaguardia e valorizzazione del patrimonio culturale, sono efficaci se approfonditi attraverso sinergie di autorevoli soggetti museali nazionali ed europei; sinergie basate sulla reciproca conoscenza. Ed è per questo che si è pensato alla pubblicazione di una collana di volumi monografici, di guide esplicative di ciascuna realtà museale e alla creazione di un portale web che racchiuda, in rete una vera “web discussion group” che possa diventare sede di dibattito privilegiata tra i partner”.

La mostra, suddivisa in sei sezioni, consentirà di analizzare la storia e la cultura del mare offrendo in termini diacronici le linee ed i principi del rapporto uomo-mare che si estrinseca attraverso una molteplicità di reperti e contesti sociali e naturali.

Le vie del mare sarà così articolata:
La rete (introduzione alla mostra) Ogni istituzione, ogni nodo di rete, è oggetto di una specifica finestra all’interno di un sito web, accessibile mediante postazioni multimediali, ma anche in rete, disponibili internamente al piccolo padiglione, che costituisce di fatto la intro della mostra itinerante.
I - L’altra faccia del cielo sezione dedicata alla geologia, biologia, meteorologia. In questa sezione sono esposti carte e rilievi delle profondità marine, delle correnti, delle coste, esempi significativi di quanto vive nel mare: esemplari tassidermizzati, modelli in cartapesta, in gesso, in plastica degli appartenenti alle diverse classi della tassonomia animale e vegetale (pesci, cefalopodi, tartarughe, foche, alghe e quanto altro compreso nella biosfera marina, dunque anche le specie marine delle classi degli uccelli). Si utilizzeranno pannelli fotografici, video e registrazioni sonore di tempeste, rese attraverso l’uso della musica jazz etc.
II - I giochi dello scambio sezione dedicata ai presidi, vettori, economia, legislazione, mette in luce il ruolo fondamentale assolto dal mare nella circolazione di merci e uomini. Si mostrano, con il supporto di reperti archeologici, antiche carte geografiche, portolani, grafici unitamente a rappresentazioni pittoriche, incisioni e immagini fotografiche. Saranno anche documentati: gli itinerari commerciali e dei flussi migratori (fenici, greci, romani, arabi, normanni) ma anche delle incursioni corsare (bizantini, saraceni, ottomani, cristiani). Particolare attenzione sarà indirizzata, attesa la sua importanza storica di estensione mondiale, al fenomeno migratorio tra fine Ottocento e primi decenni del Novecento, dai Paesi mediterranei in direzione soprattutto del Continente americano.
III - I saperi della mano (cantieristica, tecnologie e design, pesca e conservazione, estrazione, alimentazione). Questa sezione riguarda l’intero arco delle attività, dei mezzi e delle tecniche nelle diverse aree ai fini dello sfruttamento delle risorse marine, animali e minerali da parte delle popolazioni rivierasche nel corso della loro storia. Saranno illustrati i materiali, gli strumenti e le tecniche per la costruzione dei diversi tipi di imbarcazioni; gli strumenti e i metodi di raccolta, cattura e conservazione del pescato secondo le varie specie; le strutture (vasche, mulini a vento) e le tecniche di estrazione e conservazione del sale marino.
IV - La forza dei simboli sezione dedicata ad arte e artigianato, religiosità e ritualità, lingue e codici, letteratura, musica, cinema. Il mare da sempre è stato oggetto di percezione simbolica, sono stati assunti a simboli di forza magica o sacra suoi molteplici prodotti (il pesce, la conchiglia, il corallo). La lavorazione artistica di alcuni di essi ha fatto sorgere un artigianato specializzato. Le imbarcazioni stesse di cui l’uomo si è servito per fini pratici, sono state investite di valore simbolico (polene e immagini sacre e magiche sulle fiancate, Madonne marine, etc).
V – Nautilus sezione dedicata alla biblioteca virtuale enciclopedica del mare. Questa Sezione, metaforicamente pensata come la biblioteca del Comandante Nemo, allestita nel suo sottomarino, che naviga e che si sposta viaggiando nelle profondità marine, si configura come il punto di convergenza e raccolta di tutto il sapere, e di tutti i saperi possibili, di cui è depositario stesso il Mare Mediterraneo.

La mostra, allestita a Terrasini dal 18 giugno al 5 luglio sarà a seguire a Hellenic Marittime Museum Pireo (10–30 luglio 2007); Maritime Museum Creta (1-30 agosto 2007); Marittime Museum Piran Slovenia (5-25 settembre 2007); Museo storico Navale Arsenale Venezia (11-31 ottobre 2007); Galata Genova (5-25 novembre 2007); Museo Anton Dohrn Napoli (28 novembre-15 dicembre 2007); Museum Maritim Barcelona (19 dicembre 2007-20 gennaio 2008); the Gibraltar Museum Gibilterra (1-20 febbraio 2008); Fundacion Marq Alicante (4-24 marzo 2008); Musée de la Marine e de l’Economie Marsiglia (30 marzo-15 aprile 2008).

Info:
Il Museo Regionale D'Aumale, Lungomare Peppino Impastato (Terrasini) in occasione della mostra “Le vie del Mare” rimarrà aperto tutti i giorni (domenica compresa) dalle 9:00 alle 19:00 - ingresso gratuito - tel 091 8683178 – 091/8810989 - fax 91/8683178, dal 18 giugno al 5 luglio 2007.
Da Palermo dista (direzione Trapani) 20 minuti in macchina - rispetto all'aeroporto Punta Raisi Falcone Borsellino di Palermo è la terza uscita direzione Trapani.

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14 giugno 2007

Castellammare di Stabia (Na). Scoperta medievale

Affiorano dagli scavi per la riqualificazione di piazza Fontana Grande i resti delle fortificazioni che in età medioevale cingevano la città delle acque.
La scoperta è avvenuta ieri mattina all’interno del cantiere del centro antico durante la fase di indagini archeologiche lungo l’area interessata alla ristrutturazione. Un intervento già programmato in collaborazione con gli esperti della soprintendenza archeologica di Pompei che, secondo le informazioni rilevate dalle fonti cartografiche storiche, avevano già ipotizzato la presenza di resti dell’antica Stabia.
A poche ore dalla scoperta, gli archeologi non sono ancora in grado di definire i dettagli, ma in molti suppongono che si tratta della Torre Piccola, un segmento delle vecchie fortificazioni realizzate secondo specifiche architetture militari.
Fortificazioni a mura basse e spesse per poter resistere alle cannonate. In questo caso il ritrovamento riguarda la Torre Piccola della Fontana, non lontana dai resti della Torre Alfonsina, una costruzione simile realizzata intorno al quindicesimo secolo nei pressi della riva, nella parte sottostante il Castello e a cui si collega attraverso una muraglia.
Una ricostruzione storica del quadro urbanistico confermato anche da documenti d’archivio che testimoniano l’esistenza delle due torri, una esterna, detto appunto Alfonsina, e una interna di dimensioni ridotte, realizzata nei pressi della fontana e denominata Torre Piccola.
«Si tratta di una scoperta di grande valore storico – spiega lo storico Pippo D’Angelo – visto che è ilprimo ritrovamento di resti riguardanti fortificazioni medievali, infatti, anche il castello non conserva l’aspetto originario in quanto nei secoli è stato sottoposto a continui restauri. Se confermato che si tratta della Torre Piccola allora siamo di fronte a parte di quella fortificazione che correva lungo le mura della città fino al Quartuccio».

Adesso gli esperti della soprintendenza sono al lavoro per verificare la presenza di altri reperti lungo la piazza devastata da colate di cemento e condotte fognarie.
«Indagini approfondite – aggiunge D’Angelo – potrebbero portare alla luce anche resti di epoca romana, visto che piazza Fontana Grande rappresenta un insediamento umano dalla notte dei tempi, dove sicuramente è sorto il primo nucleo abitativo di questa città».
Intanto, da palazzo Farnese, i tecnici responsabili del cantiere, guidati dall’architetto Giovanna Cerchia, già si preparano a rimodulare il piano dei lavori, per la realizzazione di un’opera che avrà il compito di valorizzare la fontana e porre in evidenza il neoscoperto sito archeologico.


Fonte: "Archemail Newsletter" - 08/06/2007

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13 giugno 2007

Individuato un tempio ionico-dorico di età ellenistica a Torre Melissa (Crotone) dai Carabiniere del Comando Tutela Patrimonio Culturale

A fine maggio 2007, i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza, grazie alla costante attività di monitoraggio del territorio, sono venuti a conoscenza del fatto che una società edile stava realizzando nella provincia di Crotone un complesso turistico-residenziale, gettando le fondamenta sui resti di una testimonianza della civiltà magnogreca, casualmente rinvenuta nel corso degli scavi di cantiere, rimuovendo decine di reperti archeologici rinvenuti.

Le conseguenti indagini, condotte verificando l’attività edilizia locale in corso, conducevano gli investigatori a restringere il campo d’azione alle imprese di alcune aree della provincia, che, con metodo, venivano sorvolate e fotografate, nell’intento di localizzare il sito.

Il 5 giugno 2007, in Torre Melissa (Crotone), durante uno dei servizi di controllo svolti in collaborazione con militari dell’Arma territoriale e con la cooperazione aerea del personale dell’8° Nucleo Elicotteri di Vibo Valentia, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Crotone, sono stati individuati in un locale villaggio turistico oltre 50 reperti di varia natura (colonne, capitelli, mosaici e frammenti vari) risalenti al IV - III secolo A.C., che sono stati successivamente sottoposti a sequestro.

A seguito di ulteriori immediati servizi di osservazione e pedinamento, era infine possibile individuare l’area, nella quale insisteva il cantiere edile da cui provenivano i reperti. Sul posto i militari del Nucleo TPC di Cosenza, unitamente agli archeologi della Soprintendenza Archeologica della Calabria, rilevavano il sito archeologico, rinvenendovi anche frammenti di ceramica dipinta, e, nelle adiacenze, una discarica nella quale cospicuo materiale lapideo (anche di grandi dimensioni) era stato depositato dopo lo scavo, per essere successivamente utilizzato in altri contesti.

Due persone sono state segnalate in stato di libertà all’Autorità Giudiziaria per i reati di danneggiamento e illecito impossessamento di beni archeologici e per omessa segnalazione del rinvenimento, mentre il cantiere edile è stato sottoposto a sequestro, con l’immediato fermo dei lavori, che, se ulteriormente protratti, avrebbero causato la definitiva sottrazione del sito all’esame degli studiosi.

I primi accertamenti sul luogo hanno permesso agli archeologi di riconoscere una struttura templare probabilmente di tipo dorico-ionico “di eccezionale interesse storico-artistico”. Le dimensioni dello scavo, metri 50x20x3,5, fanno loro presupporre che la struttura in evidenza possa essere solo una parte di un più ampio sito archeologico, per l’esatta determinazione del quale dovranno essere compiuti specifici sondaggi.

La scoperta è stata giudicata estremamente importante, in ragione della rarità degli edifici conservati in epoca Brettea, soprattutto sacri.
Infatti, gli elementi rinvenuti (rocchi di colonna scanalata di tipo dorico, porzioni combacianti di grande base ionica di colonna scanalata, gruppo di blocchi squadrati di varie dimensioni, base angolare e capitello di lesena, due frammenti di fregio dorico a metope cieche e triglifi, frammenti di ceramica a vernice nera) fanno pensare a moduli riferibili ad un edificio monumentale, probabilmente una struttura templare, in cui a elementi stilistici di stile ionico si affiancano curiosamente elementi di tradizione dorica.

Fonte:"MiBac - Ministero per i Beni e le Attività Culturali" - 12/06/2007

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09 giugno 2007

Maria Vittoria Marini Clarelli: "Che cos'è un museo"

Giudicare il museo è più facile che comprenderlo.
Poche istituzioni sono state valutate in modo così contraddittorio: tempio o cimitero dell'arte, luogo della meraviglia o deposito polveroso, microcosmo o disordine organizzato, casa dei sogni collettivi o dimora dell'incoerenza, laboratorio o supermarket della cultura.
Ma che cos'è veramente il museo? Questo libro cerca di svelarne l'identità, raccontarne la storia, spiegarne il funzionamento e prevederne il futuro. È una guida generale al museo, ma anche un invito a riflettere sui molti dilemmi che rendono oggi il suo equilibrio così delicato.
L'autrice, Maria Vittoria Marini Clarelli, è soprintendente alla Galleria nazionale d'arte moderna di Roma, docente a contratto di Museologia presso la prima Facoltà di architettura della "Sapienza" di Roma e autrice di saggi di storia dell'arte dedicati soprattutto al significato delle immagini.

Introduzione

La bibliografia sul museo è in crescita almeno quanto la sua popolarità, che ha toccato il vertice a cavallo tra i due millenni.
Molto è stato scritto di recente anche in lingua italiana, ma sempre tenen¬do distinti i due approcci che questo libro si propone invece di combinare, pur nei limiti di una trattazione sintetica e destinata anche ai non addetti ai lavori: il taglio storico, che guarda al museo dal punto di vista dell'evoluzione, e il taglio sistematico, che ne analizza la struttura e i meccanismi di funzionamento.
Entrambe le prospettive sono necessarie per cogliere il senso profondo di un'istituzione che, in due secoli e mezzo d'esistenza, è stata oggetto di giudizi contrastanti proprio da pane della stessa classe intellettuale che l'aveva generata. "Casa dei sogni della collettività" secondo Walter Benjamin, "casa dell'incoerenza" secondo Paul Valere, "sede della simultaneità" secondo Hans Georg Gadamer, "tomba per oggetti morti" secondo Umberto Eco, il museo è una delle istituzioni culturali più problematiche del nostro tempo e, anche per questo, una delle più affascinanti. Comprenderlo dunque è più difficile che giudicarlo.
La tesi di questo libro è che il museo sia un luogo di dilemmi, un equilibrio sempre provvisorio ma possibile tra istanze che sembrano inconciliabili: conservazione e fruizione, sicurezza e accessibilità, decontestualizzazione e ricontestualizzazione, distanza e familiarità, interpretazione ed esperienza.
In quest'ottica, nel primo capitolo si cerca di definire il museo, nel secondo di raccontare com'è nato e si è sviluppato, nel terzo di spiegare come funziona, nell'ultimo di inquadrarlo nella realtà di oggi e nella prospettiva futura.
Poiché la letteratura di risonanza internazionale sul museo tende quasi sempre a sottovalutare la situazione dell'Italia, soprattutto recente, a essa si è dato particolare risalto e così alla bibliografia in lingua italiana, il cui contributo al dibattito internazionale richiede ancora di essere valorizzato.
La formazione di chi scrive, che proviene dal mondo dei musei d'arte, ha orientato il libro soprattutto in questa direzione, pur nello sforzo di offrire una panoramica per quanto possibile ampia.
Gli obiettivi della concisione e della chiarezza espositiva, infine, hanno imposto di affrontare rapidamente argomenti che avrebbero richiesto analisi più approfondite e di non soffermarsi sugli aspetti squisitamente tecnici che potevano interessare solo gli specialisti.
Si è cercato comunque di mantenere sempre vivo il senso critico di chi legge, perché gli interrogativi sollevati dal museo toccano temi di interesse generale, come la nozione di cultura e quella di patrimonio culturale, il senso della storia e quello della contemporaneità, l'organizzazione della conoscenza e le tendenze del gusto, l'educazione e gli stili di vita.
Comunque lo si voglia considerare il museo è stato ed è un tentativo di dare un senso all'accumularsi degli oggetti del mondo trasformandoli in un' eredità comune, accessibile e trasmissibile: una grande riserva di significati nella quale l'identità e la diversità, il passato e il presente provano a coesistere.

Indice

1.La struttura.
Il nome. La collezione. Il pubblico. Il personale. La sede. Scienze e tecniche del museo. L'organizzazione e la collaborazione. Per riassumere.

2.L'evoluzione.
Le premesse. La storia. Il presente. Per riassumere.

3.Le funzioni.
Lo studio e la documentazione. La conservazione. L'esposizione: l'ordinamento. L'esposizione: l'allestimento. I servizi al pubblico. Per riassumere.

4.I modelli e i problemi.
Il museo come sistema d'interpretazione. Il museo come sistema di relazioni. Il problema etico. Il problema estetico. Il museo, il tempo e lo spazio. Per riassumere.

Bibliografia.

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06 giugno 2007

Il Museo Archeologico Nazionale di Ferrara apre otto nuove sale al piano nobile e raddoppia la superficie espositiva

Esposti quasi 550 reperti provenienti dalle necropoli di Spina e corredi tombali di IV e III secolo a.C. tra cui spiccano alcuni grandi vasi a figure rosse e i singolari piatti da pesce.

Il Museo Archeologico Nazionale di Ferrara raddoppia il proprio spazio espositivo e si conferma come una delle più complete collezioni al mondo di ceramiche attiche a figure rosse. Grazie ai fondi del Gioco del Lotto, aprono al pubblico le nuove sale al piano nobile, oltre 500 mq di superficie espositiva in più, destinata ad ospitare altri prestigiosi corredi provenienti dalle necropoli di Valle Trebba e Valle Pega della città etrusco-greca di Spina.

Lunedì 18 giugno 2007, alle ore 18, il Direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Emilia-Romagna, Maddalena Ragni, e il Soprintendente per i beni archeologici dell'Emilia-Romagna, Luigi Malnati, inaugurano otto nuove sale attigue al Salone delle Carte Geografiche. Si tratta di stanze di grande suggestione, con volte e soffitti a cassettoni, camini e stucchi di gusto barocco risalenti alle modifiche settecentesche del rinascimentale Palazzo Costabili. Con questo ampliamento, il Museo Archeologico può finalmente esporre in modo stabile quasi 550 reperti in gran parte già pubblicati e noti agli archeologi ma finora usciti dai depositi solo per mostre o motivi di studio. L'apertura delle nuove sale integra e conclude un progetto museale avviato anni addietro. I reperti esposti (al 99% per la prima volta) sono spesso autentiche superstar, come il gruppo di venti piatti da pesce della prima metà del IV secolo a.C., l'oinochoe attica con testa femminile degli inizi del IV secolo a.C. e i numerosi crateri attici a figure rosse tra cui spiccano, per importanza e fattura, quello a volute del Pittore di Kleophon (Tomba 57C di Valle Pega) e quello a calice del Pittore dei Niobidi, con scene di gigantomachia e corteggio dionisiaco, del 460 a.C. Di forte impatto visivo è poi la ricostruzione di due sepolture di Valle Trebba (una inumazione di V sec. a.C. e una cremazione di fine IV - inizi III a.C.) realizzata sulla base della documentazione del Giornale degli Scavi dei primi anni del Novecento.

Il piano di valorizzazione del Museo Archeologico Nazionale di Ferrara proseguirà con ulteriori sistemazioni degli spazi espositivi destinati alle collezioni provenienti dall'abitato di Spina e dal territorio ferrarese. Il nuovo assetto del Museo si completerà con il restauro dei giardini di mezzogiorno e di levante: per pianificare la gestione di questi spazi è stata avviata un'intesa tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Comune di Ferrara.

Per informazioni:
Museo Archeologico Nazionale
Via XX Settembre 122 - Ferrara
telefono +39 0532 66299

Fonte: "Redazione Archaeogate" - 05/06/2007

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04 giugno 2007

Inaugurato il Museo Archeologico di Serra Aiello (CS)

Resoconto dell'evento (Dal "Quotidiano della Calabria", 1 giugno 2007, pag. 16, di Pino Bruno)

L'Antiquarium di Serra Aiello, aperto il 30 maggio scorso, finalmente, è una realtà di cui essere orgogliosi. Un passo importante verso la conoscenza e la divulgazione di quel patrimonio archeologico venuto alla luce, in particolare, durante le recenti campagne scavi.L'Antiquarium di Serra Aiello, aperto il 30 maggio scorso, finalmente, è una realtà di cui essere orgogliosi. Un passo importante verso la conoscenza e la divulgazione di quel patrimonio archeologico venuto alla luce, in particolare, durante le recenti campagne scavi. È certamente un esempio virtuoso che ogni piccolo o grande centro della nostra Calabria deve seguire.
L'inaugurazione del piccolo ma molto interessante museo comunale di Serra, questo paesino sinora conosciuto più per la vicenda del Papa Giovanni che per altro, è preceduta da una breve cerimonia di saluti e dalla presentazione del catalogo della mostra. Al tavolo dei relatori, mancano per impegni sopravvenuti, gli annunciati Stefania Covello, assessore alla Cultura della provincia di Cosenza, l'assessore regionale Sandro Principe ed il Soprintendente Guzzo. Ma non mancano il sindaco Cuglietta, emozionato ed orgoglioso di questa tappa importante della sua Amministrazione; Franco Froio, presidente del gruppo Alybas, che ha il merito maggiore di questo risultato per aver coinvolto e appassionato sin dal 2002, anno di costituzione dell'Associazione, la gente di Temesa – così l'ha definita lui stesso – in questa avventura alla ricerca delle vestigia della civiltà protostorica, e per averla educata al concetto di tutela preventiva del territorio; l'archeologo Fabrizio Mollo, un provetto Indiana Jones, animato dallo spirito del demone Alybas, costantemente impegnato in studi e scavi alla ricerca di Temesa. E naturalmente non poteva mancare la "vulcanica" Rossella Agostino, funzionario di zona della Soprintendenza Archeologica per Calabria la quale, nel corso del suo intervento, ha affermato che, nonostante l'iniziale scetticismo, la necropoli di Serra rappresenta una "scoperta da manuale di archeologia". Un territorio quello in parola, che va valorizzato al meglio e fatto conoscere, e che certamente lo sarà, grazie al gruppo Alybas, fatto di "persone concrete" e ancora "genuinamente interessato all'archeologia". Per ultima, la relazione della prof.ssa De Sensi Sestito, docente di Storia Greca dell'Unical, una delle prime a studiare Temesa. "Abbiamo tutta una intera storia di Temesa da recuperare – ha sostenuto -. Oggi la possiamo recuperare meglio, rispetto al passato, perché abbiamo un aggancio territoriale. Perché sappiamo che qui ci sono le tombe di coloro che avevano dato vita a questa comunità; gli oggetti di cui questi si erano serviti; i segni delle relazioni che avevano intessuto e dei commerci che praticavano; gli oggetti anche di decorazione di lusso di cui avevano il privilegio di potersi adornare grazie proprio grazie a questi scavi". Per finire, Giovanna De Sensi Sestito, non ha mancato di spronare gli archeologi, gli studiosi e gli appassionati, e le Istituzioni, a continuare le ricerche e ha pure lanciato la proposta di creare una rete di parchi (l'offerta archeologica di Serra si arricchirà a breve, come abbiamo già scritto, di un Parco nel sito Cozzo Piano Grande, attualmente in fase di realizzazione), a cominciare per esempio dalla collaborazione tra i parchi di Terina e di Temesa.

Visita la pagina completa dell'evento

Fonte:"Redazione Archaeogate" - 04/06/2007

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